Differenze tra le versioni di "Gaetano D'Agata"

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È infine possibile, anche se per ora manca qualsiasi tipo di evidenza a sostegno della tesi, che alcune delle foto della produzione tarda del catalogo di Gloeden, che rivelano una diversa sensibilità nella posa dei modelli e nella scelta della loro fisionomia, siano in realtà opera di [[Pancrazio Buciunì]] (che ammise di aver fatto tentativi di produrre foto di nudo maschile), e dello stesso D'Agata.
 
È infine possibile, anche se per ora manca qualsiasi tipo di evidenza a sostegno della tesi, che alcune delle foto della produzione tarda del catalogo di Gloeden, che rivelano una diversa sensibilità nella posa dei modelli e nella scelta della loro fisionomia, siano in realtà opera di [[Pancrazio Buciunì]] (che ammise di aver fatto tentativi di produrre foto di nudo maschile), e dello stesso D'Agata.
  
Intorno agli anni a cavallo del primo conflitto mondiale D'Agata riuscì ad aprire un proprio studio fotografico, che i [[:File:Il timbro delle foto di Gaetano D'Agata (1883-1949).jpg|timbri sul retro delle sue foto]] registrano sul Corso Umberto (la via più importante) di Taormina, dove è attestato al numero 209 già nell'anno 1910<ref>Appare nella ''[https://www.sikilynews.it/storia/taormina-nellottocento-le-attivita-artigianali-e-commerciali/4250 Guida-annuario Galàtola - Sicilia orientale'', anno I, 1910-1911]. Assieme a lui figurano G. Pinotti (al medesimo indirizzo), [[Carlo Siligato]] (l'amante di Kitson), e "W. Von Gloden".</ref>
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Intorno agli anni a cavallo del primo conflitto mondiale D'Agata riuscì ad aprire un proprio studio fotografico, che i [[:File:Il timbro delle foto di Gaetano D'Agata (1883-1949).jpg|timbri sul retro delle sue foto]] registrano sul Corso Umberto (la via più importante) di Taormina, dove è attestato al numero 209 già nell'anno 1910<ref>Appare nella ''[https://www.sikilynews.it/storia/taormina-nellottocento-le-attivita-artigianali-e-commerciali/4250 Guida-annuario Galàtola - Sicilia orientale'', anno I, 1910-1911]. Assieme a lui figurano G. Pinotti (al medesimo indirizzo), [[Carlo Siligato]] (l'amante di Kitson), e "W. Von Gloden". Appare di nuovo nel 1914 nell'annuario ''La Trinacria'' (F. Pravatà (cur.), ''La Trinacria. Annuario di Sicilia'', anno XIV, Pravatà, Palermo 1914, p. 787 [https://books.google.it/books?id=p306RHwK2RgC&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q=Gloeden&f=false Online su Google libri]), nel 1923 (Rosario Buciunì, ''Cronistoria di Taormina (2000 a.C. - 2000 d.C.)'', Youcanprint, 2021, p. 123), nel 1927 (G. Pravatà (cur.), ''La Trinacria. Annuario di Sicilia'', XX 1927-1928, Pravatà, Palermo 1928, p. 857 [https://books.google.it/books?hl=it&id=qEyccFYUohsC&q=crupi#v=snippet&q=crupi&f=false Online su Google books]), e nel 1933 in ''[https://books.google.it/books?id=VpqCyHfLGJoC&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q=crupi&f=false  La Trinacria - Annuario di Sicilia]'', Pravatà, Palermo 1933, alle pp. 859-860, dove è elencato sia tra i venditori di cartoline che tra i fotografi.</ref>
  
 
==La produzione commerciale==
 
==La produzione commerciale==

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Voce a cura di Giovanni Dall'Orto, liberamente modificabile.
Gaetano D'Agata con una figlia negli anni Venti.

Gaetano D'Agata (Aci Sant'Antonio, 24.11.1883 - 30.01.1949) è stato un fotografo siciliano di paesaggi e di nudo maschile, attivo soprattutto a Taormina prima della seconda guerra mondiale.

Vita[modifica]

Timbro delle foto di D'Agata.

D'Agata era nato ad Aci Sant'Antonio, in provincia di Catania. Giunse giovanissimo a Taormina, e vi si stabilì, sposando una donna del luogo. Secondo il pronipote Pancrazio Famà[1], ebbe da due mogli quattro figli e figlie, una delle quali era sua nonna "Ninitta".

Viaggiò in Irlanda, Spagna, India e Stati Uniti d'America, dove aprì anche un atelier fotografico a New York, che però rimase in affari solo per un anno.

Falzone Barbarò [2] lo segnala fra gli assistenti di Gloeden nel periodo del suo massimo successo, cioè verso il primo decennio del XX secolo. E che la collaborazione possa essere andata oltre il semplice lavoro di stampa delle foto lo fa pensare il fatto che alcune stampe tarde di Gloeden riportano sul retro il solo timbro di D'Agata, indice del fatto che erano state commercializzate da lui.
È infine possibile, anche se per ora manca qualsiasi tipo di evidenza a sostegno della tesi, che alcune delle foto della produzione tarda del catalogo di Gloeden, che rivelano una diversa sensibilità nella posa dei modelli e nella scelta della loro fisionomia, siano in realtà opera di Pancrazio Buciunì (che ammise di aver fatto tentativi di produrre foto di nudo maschile), e dello stesso D'Agata.

Intorno agli anni a cavallo del primo conflitto mondiale D'Agata riuscì ad aprire un proprio studio fotografico, che i timbri sul retro delle sue foto registrano sul Corso Umberto (la via più importante) di Taormina, dove è attestato al numero 209 già nell'anno 1910[3]

La produzione commerciale[modifica]

Il negozio che fu di Gaetano D'Agata in Corso Umberto 111, Taormina.

D'Agata merita di essere ricordato soprattutto per la produzione come paesaggista "da cartolina": molte sue foto "di genere" furono usate per l'appunto in cartoline che rimasero in commercio ininterrottamente per svariati decenni. Carretti siciliani, l'Etna fumante, il Teatro greco, "tipi siciliani"... è una produzione che soddisfa i bisogni del grande pubblico e del turismo di massa, che garantirono a D'Agata tirature anche di decine di migliaia di esemplari.
In questo campo D'Agata si rivelò un fotografo di successo, tecnicamente all'altezza del suo còmpito e del mercato che aveva scelto. Fu anche premiato, come rivela il fatto che le sue cartoline sono firmate "Premiata Fotografia d'Arte G. D'Agata".
Secondo Giuseppe Vanzella,

« Gaetano D'Agata cercò, con personale impegno, di mantenere vivace un progetto di lavoro basato sulla fotografia, non solo quale strumento di documentazione, ma anche d'improvvisazione artistica. (...) Il suo lavoro consistette, per la gran parte, nella ripresa di tradizionali vedute di paesaggio, appena permeate del fascino di un pittorialismo di maniera, adatte ad un pubblico di medi interessi artistici. [4] »

La produzione di nudo maschile[modifica]

Un esempio della produzione classicista e "gloedeniana" di D'Agata.

Accanto a quella di paesaggi e di qualche nudo femminile D'Agata ebbe, in un periodo per ora non meglio individuato, che può andare dal 1900 circa al 1925/30 circa, una produzione artistica di foto di nudo maschile, il cui catalogo è attestato con numeri che vanno oltre il 400.
Questa produzione si muove utilizzando fedelmente il linguaggio creato da Gloeden, tanto da poter essere quasi definita come "di scuola" gloedeniana. Non a caso D'Agata è ancor oggi spesso confuso col maestro.

Rispetto a Gloeden, D'Agata fa un uso molto più parco del nudo integrale. O almeno, fino ad oggi le immagini che hanno circolato in Rete vedono i suoi modelli parzialmente coperti, o se il nudo è integrale, di schiena, o comunque posizionati in modo da coprire i genitali. Le foto di nudo integrale frontale esistono, ma erano evidentemente destinate a una circolazione più "discreta" e limitata, visto che risultano più rare. In effetti, la produzione principale dello studio di D'Agata era destinata alle immagini turistiche, che la diffusione della cartolina postale stava rendendo molto redditizie, quindi il nudo può essere visto come una sorta d'attività collaterale.

Grazie a questa prudenza, in base al poco che si sa per ora (e salvo smentite future) sembra che la produzione di D'Agata abbia offerto meno il fianco alle accuse d'oscenità che bersagliarono Gloeden a partire dal 1908. Al punto che D'Agata riuscì a ricevere ben due premi in esposizioni avvenute dopo la Marcia su Roma: il "Grand Prix dell'esposizione internazionale di Torino" nel 1923, e la "Grande medaglia d'oro dell'esposizione internazionale di Roma" nel 1924 (come recita un timbro fatto approntare da D'Agata stesso)[5].

Timbro con l'indicazione delle medaglie

Quando affronta il nudo maschile D'Agata ha difficoltà a rielaborare la materia gloedeniana per farne cosa sua (come invece già aveva fatto Vincenzo Galdi con Plueschow), probabilmente per il fatto che egli era palesemente eterosessuale. Quindi affrontava l'erotismo omosessuale, per così dire, da spettatore, a volte fraintendendo quali potessero essere gli elementi "iconici" in una foto di nudo maschile.
Non a caso alcune delle sue immagini maschili più riuscite, talora indistinguibili qualitativamente da quelle di Gloeden, sono ritratti in cui il nudo non appare, per cui D'Agata può affidarsi con sicurezza agli elementi compositivi a disposizione anche del fotografo eterosessuale.

Accanto a questi ritratti sono spesso riuscite anche le immagini che ritraggono giovani adulti di costituzione atletica, in pose classiche, spesso nel paesaggio, per le quali l'artista può avvalersi d'una tradizione consolidata nell'arte. (Anche se poi D'Agata sarebbe rimasto estraneo alla moda delle pose "plastiche", con muscoli in tensione e atteggiamenti ginnici, che caratterizzò in Europa la foto di nudo maschile fra le due guerre mondiali).

Due giovani nudi in un ruscello.

Meno felici sono invece, in più di un'occasione, gli esiti con ragazzi più giovani. D'Agata non sembra qui nutrire particolare interesse per la cura delle pose e dell'espressione del viso, con la conseguenza che in parecchie di queste immagini i modelli appaiono impacciati e goffi, con aria ostile o comunque annoiata, laddove Gloeden aveva sempre dedicato molta cura all'armonia della posa e appunto all'espressione. In altre il modello è talmente rigido e mal posato da far pensare a una satira dello stile gloedeniano.

D'Agata mise in questo modo in luce l'usura dell'immaginario fotografico gloedeniano, che ormai poteva essere ridotto involontariamente a una messa in scena folcloristica. Come emerge chiaramente dalla foto 244, in cui tre bambini in costume siciliano ballano la tarantella, sulla musica d'un fiscalettu (piffero siciliano) suonato da... un giovane in toga! La rinascita della classicità grecoromana, vagheggiata da Gloeden, si è qui ridotta a semplice spettacolo folcloristico ad uso dei turisti[6].

Oltre a ciò, D'Agata ritrasse a volte modelli spesso a malapena puberi, gracili, ossuti.
Ciò avvenne paradossalmente proprio nel momento in cui l'ideale estetico nella fotografia di nudo maschile passava dall'adolescente languido al giovanotto atletico: un'evoluzione culturale che stava già rendendo obsoleto lo stesso Gloeden[7]. Quindi, puntare su tali aspetti proprio in quel momento non poteva non risultare controproducente, e la produzione di nudo maschile di D'Agata difficilmente può essere andata oltre i primi anni Trenta. Non a caso D'Agata possiede il catalogo più contenuto fra i quattro fotografi di nudo maschile attivi in Italia durante la Belle époque.

Ritratto di giovane.

Il "Caino" (1923): un confronto fra Gloeden e D'Agata[modifica]

A ciò va aggiunto il fatto che D'Agata, come fotografo di nudo, è fondamentalmente in colloquio con il solo immaginario creato da Gloeden, di cui ripropone temi, pose e ambientazioni. Talvolta in modo valido, all'altezza del modello, a volte invece in modo ripetitivo e impoverito.
Ad esempio, la sua immagine più celebre non è altro che un'imitazione di una delle immagini più fortunate di Gloeden, il Caino (del 1902 circa), una foto ristampata innumerevoli volte, e che dal processo a Buciunì sappiamo essere stata perfino esposta come decorazione artistica negli alberghi taorminesi.

D'Agata vuole provare a ripetere il successo di Gloeden producendo anche lui un'immagine "iconica". Ma per farlo, mette al posto del giovanotto muscoloso di Gloeden un ragazzo che l'adolescenza ha appena prosciugato di volume, dandogli membra lunghe e sottili, delicato di viso ma disarmonico nelle proporzioni. Inoltre ne mette in primo piano i piedi, che così sembrano sproporzionati, giganteschi.
In un secondo tentativo il modello è addirittura un ragazzino prepubere, contratto in una posa tesa, che ci parla più d'autodifesa di chi non si sente a suo agio, piuttosto che del dramma interiore causato dal senso di colpa, sullo sfondo di una Natura superba e indifferente.
E in una posa simile ma ribaltata, l'armonia compositiva neoclassica si sbriciola in un'istantanea da bagnante in spiaggia, ridente e coi capelli scompigliati dal vento.

Si noti che anche la foto di Gloeden era a sua volta un'imitazione del Giovane uomo seduto sulla riva del mare (1855) di Hippolyte Flandrin (1805-1864), oggi al Louvre (una "icona gay"). Ma Gloeden era riuscito a rifarlo come cosa sua, come avrebbero fatto anche Fred Holland Day, Robert Mapplethorpe o Tony Patrioli. D'Agata invece non imita direttamente Flandrin, bensì l'imitazione fattane da Gloeden, col risultato dell'impoverimento del risultato.

Rivalità fra Gloeden e D'Agata?[modifica]

Un ritratto nella tradizione di Gloeden, salvo l'espressione imbronciata del modello.

Roger Peyrefitte esprime una critica al lavoro di D'Agata (che peraltro era presente nella sua collezione privata) mettendola in bocca a Wilhelm von Gloeden stesso, nel romanzo che gli ha dedicato, con queste parole:

« Non basta, per ottenere un nudo artistico, mettere un po' di fiori attorno al capo o fra le braccia del modello, come ognuno può constatare dai tentativi dei colleghi che non tardarono a pullulare sul luogo. Ma gl'imitatori mi han sempre divertito, coi loro efebi che parevano esser pagati da un nemico di Taormina, o dagli efebi stessi. [8] »

In realtà, una rivalità tra D'Agata e Gloeden, evocare la quale può forse essere stato utile a "speziare" il romanzo, non sembra essere mai esistita. Le poche date di stampa di D'Agata che abbiamo, si raggruppano tutte nei primi anni Venti, quando Gloeden aveva ormai smesso di fotografare in proprio, dopo gli scandali che lo avevano preso di mira, e aveva già sperimentato il crollo delle vendite semplicemente perché la sua arte era passata di moda.
Al contrario: di tanto in tanto appaiono sul mercato immagini notoriamente di Gloeden col solo timbro di D'Agata, a testimonianza del fatto che la ditta Gloeden utilizzò la ditta D'Agata per vendere le proprie stampe.
Ancora dopo la morte di Gloeden, quando la rivista svizzera "Der Kreis" pubblicò cinque foto di Gloeden negli anni 1950, 1953, 1954 e 1955, il credito delle foto che indicò fu: "Fotografia d'arte G. d'Agata, Taormina-Corso Umberto", nonostante D'Agata fosse morto nel 1949. L'ipotesi più logica è quindi che le ristampe acquistate da "Der Kreis", dichiaratamente da Pancrazio Buciunì, riportassero sul retro il timbro di D'Agata. Ciò mostra che Buciunì s'appoggiò allo studio fotografico D'Agata per la commercializzazione delle ristampe, così come avrebbe poi fatto dopo la morte di D'Agata con lo studio fotografico Malambrì.

Il fatto che Gloeden, al termine della carriera, si affidasse al più giovane D'Agata per la vendita, dimostra insomma che i rapporti fra i due colleghi dovettero restare sempre buoni.

Lo testimonia fra le altre cose anche l'ampio utilizzo da parte di D'Agata di un raro e prezioso apparecchio di Gloeden, quello in grado d'impressionare lastre negative su vetro di ben 30x40 centimetri, che negli anni Venti ai più sarà apparso ormai come un ingombrante cimelio difficilissimo da usare, ma che evidentemente lui era ancora capace di padroneggiare.

Conclusione[modifica]

In conclusione: raramente nelle sue foto di nudo D'Agata riesce a catturare la stessa poetica sensibilità omoerotica presente in Gloeden. Non gli mancano certamente immagini riuscite (che dimostrano che a D'Agata non difettava la capacità tecnica, peraltro ampiamente dimostrata nella produzione d'altri generi d'immagini, bensì la capacità di mettersi in sintonia con l'immaginario omosessuale di Gloeden), il risultato complessivo è quello d'una produzione "di scuola" rispetto all'immaginario gloedeniano.
Spesso ineccepibile, per contro, è l'aspetto tecnico di queste fotografie, che rivelano il mestiere sicuro del professionista: quest'ultimo fatto garantisce dignitose quotazioni alle rare immagini di D'Agata che appaiono sporadicamente sul mercato antiquario.
L'archivio fotografico D'Agata è stato acquistato da Nino Malambrì, a Taormina, e in parte disperso sul mercato alla sua morte.

La tomba di Gaetano D'Agata a Taormina.
(Il catalogo virtuale di Gaetano D'Agata è online qui).

Bibliografia[modifica]

  • Falzone Barbarò, Michele, "Il barone di Taormina"; in: Falzone Barbarò, Michele; Miraglia, Marina; Mussa, Italo (a cura di), Le fotografie di von Gloeden, Longanesi, Milano 1980, pp. 21-31.
  • Mirisola, Vincenzo e Vanzella, Giuseppe (a cura di), Sicilia mitica Arcadia. Von Gloeden e la "Scuola" di Taormina, Edizioni gente di fotografia, Palermo 2004, p. 37.
  • Joseph Kiermeier-Debre & Fritz Vogel (editors), Wilhelm von Gloeden – auch ich in Arkadien, Boehlau verlag, Koeln 2007, presenta una selezione d'immagini di D'Agata, quasi tutte purtroppo come semplici "thumbnails", nella parte iniziale del libro.
  • Il discendente Ezio Famà (sua nonna "Ninitta" era una delle figlie di D'Agata) ha pubblicato alcune foto di famiglia, la foto della sua tomba e un ricordo dell'avo sulla sua galleria su Flickr: https://www.flickr.com/photos/33714681@N06/

Note[modifica]

  1. Testo publicato su Flickr all'url: https://www.flickr.com/photos/33714681@N06/51802609845/ .
  2. Michele Falzone Barbarò, "Il barone di Taormina"; in: Michele Falzone Barbarò; Marina Miraglia; Italo Mussa (a cura di), Le fotografie di von Gloeden, Longanesi, Milano 1980, p. 25.
  3. Appare nella Guida-annuario Galàtola - Sicilia orientale, anno I, 1910-1911. Assieme a lui figurano G. Pinotti (al medesimo indirizzo), Carlo Siligato (l'amante di Kitson), e "W. Von Gloden". Appare di nuovo nel 1914 nell'annuario La Trinacria (F. Pravatà (cur.), La Trinacria. Annuario di Sicilia, anno XIV, Pravatà, Palermo 1914, p. 787 Online su Google libri), nel 1923 (Rosario Buciunì, Cronistoria di Taormina (2000 a.C. - 2000 d.C.), Youcanprint, 2021, p. 123), nel 1927 (G. Pravatà (cur.), La Trinacria. Annuario di Sicilia, XX 1927-1928, Pravatà, Palermo 1928, p. 857 Online su Google books), e nel 1933 in La Trinacria - Annuario di Sicilia, Pravatà, Palermo 1933, alle pp. 859-860, dove è elencato sia tra i venditori di cartoline che tra i fotografi.
  4. Vincenzo Mirisola e Giuseppe Vanzella (a cura di), Sicilia mitica Arcadia. Von Gloeden e la "Scuola" di Taormina, Edizioni gente di fotografia, Palermo 2004, p. 37.
  5. Ovviamente è assai probabile, visti i tempi, che le medaglie fossero state concesse per le foto di paesaggio, non certo per quelle di nudo. Ciononostante il loro conferimento implica che l'artista era riuscito a mantenere un profilo "non controverso", nonostante la sua produzione di nudo.
  6. Non è del resto fuori luogo pensare che questo sia stato, probabilmente, il modo in cui i taorminesi percepirono e vissero le "messe in scena" in cui erano stati coinvolti dall'industria turistica.
  7. Questa tendenza sarebbe stata esasperata dal fascismo, che avrebbe tollerato il solo nudo maschile "atletico" e iper-virile alla Elio Luxardo.
  8. Roger Peyrefitte, Eccentrici amori [1949], Longanesi, Milano 1967, p. 119.

Voci correlate[modifica]

Collegamenti esterni[modifica]