Crimini d'odio

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I crimini generati dall'odio o più semplicemente i crimini d'odio, dall'inglese “hate crimes”, ricomprendono tutte quelle violenze perpetrate nei confronti di persone a causa della loro appartenenza ad un gruppo sociale, identificato sulla base della razza, dell'etnia, della religione, dell'orientamento sessuale, dell'identità di genere o di particolari condizioni fisiche o psichiche.

Sul piano giuridico, un crimine d'odio si presenta come una norma penale che pone in rilievo l'aspetto discriminatorio del gesto violento e vi ricollega un aggravio di pena.

Un crimine d'odio può riguardare tanto la violenza sulle persone quanto quella sui beni legati alla vittima. Anche i cosiddetti “discorsi d'odio[1], dall'inglese “hate speeches”, possono considerarsi come crimini d'odio, pur mantenendo una propria specificità.

Significato dei crimini d'odio

Ciò che viene in rilievo nei crimini d'odio e che spiega tanto l'allarme sociale quanto l'aggravio di pena non sono le idee, in senso lato razziste, della persona che compie tali violenze – e che pur ne costituiscono l'humus culturale dal quale originano – quanto piuttosto le ricadute materiali di questo odio, tanto estremo da condurre ad un'azione che fa della discriminazione la ragione stessa del crimine. Semplificando, picchiare selvaggiamente un omosessuale non costituisce di per sé un crimine d'odio ma lo diventa allorché la ragione del pestaggio sia l'orientamento sessuale, reale o presunto, della vittima. La vittima merita di essere pestata in quanto e semplicemente perché fa parte di quella minoranza nei confronti della quale l'aggressore nutre rancore e odio ideologico.

In questi crimini, ad essere sotto accusa è la violenza razzista e lo status di minoranza della vittima rileva in quanto presente nella mente dell'aggressore. Ecco perché un crimine d'odio, ad esempio, omofobico ben potrebbe realizzarsi anche nei confronti di un eterosessuale, qualora l'aggressore lo riconosca come omosessuale.

L'azione delittuosa nei crimini d'odio ha quindi un significato nuovo e diverso da quello di una comune aggressione, non solo per le motivazioni ma anche per il fine perseguito. L'obiettivo non è semplicemente procurare un danno alla persona ma, attraverso questo danno, minare o annientare l'identità – culturale, etnica o sessuale che sia – della vittima e insieme del gruppo sociale di riferimento.

L'odio cui fanno riferimento questi crimini è quello in senso lato razziale e xenofobo che ricomprende tanto i convincimenti irrazionali di avversione sulla base della razza e dell'etnia quanto quelli a questi comunemente equiparati[2], come ad esempio i convincimenti omofobici, antisemiti e sessisti.

Discorsi d'odio

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Ricadute sociali/psicologiche dei crimini d'odio omofobico

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Dati statistici

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La repressione dei crimini d'odio

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I richiami alla repressione penale della violenza a sfondo razzista e xenofobo sono diversi e provengono sia da istituzioni internazionali che europee, di carattere governativo e non governativo.

Il Consiglio dei Ministri dell'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), nel dicembre 2009, prendendo atto del rapporto “Hate Crimes in the OSCE Region – Incidents and Responses”[3] dell'Ufficio per le Istituzioni Democratiche e i Diritti Umani (ODIHR), ha ritenuto di impegnarsi e impegnare gli Stati membri dell'organizzazione, tra cui l'Italia, nella lotta contro i crimini d'odio (Decision No. 9/09 "Combating Hate Crimes"). Nel documento[4], tra le altre cose, si invitano gli Stati membri a riconoscere per legge i crimini d'odio in quanto tali, cioè basati su motivazioni razziste e xenofobe, e ad apprestare specifiche sanzioni.

La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, in una sentenza del 2005[5], dopo aver affermato che “la violenza razziale è un affronto particolare alla dignità umana e, in considerazione delle sue conseguenze pericolose, richiede da parte delle autorità una vigilanza speciale e una vigorosa reazione”, dichiara che “le autorità dello Stato hanno il dovere di prendere tutte le misure ragionevoli per smascherare ogni movente razzista e di stabilire se l'odio etnico o il diverso pregiudizio possano aver giocato un ruolo” nell'episodio violento; “trattare la violenza e la brutalità razziale indotta in modo uguale ai casi che non hanno sfumature razziste sarebbe come chiudere un occhio sulla natura specifica di atti che sono particolarmente distruttivi dei diritti fondamentali”.

Richiami di simili natura sono stati diretti anche all'Italia. In particolare, l'Agenzia per i Diritti Fondamentali dell'Unione Europea (FRA), nel suo rapporto sull'omofobia e sulla discriminazione basata sull'orientamento sessuale negli Stati membri dell'UE[6], sottolinea come l'Italia, diversamente da altri Stati membri, ignori assolutamente il concetto di crimine d'odio se declinato in funzione protettiva della comunità Lgbt. Anche l'organizzazione internazionale non governativa, Human Rights Watch, nel suo Rapporto sulla violenza razzista e xenofoba in Italia[7], pubblicato il 21 Marzo 2011, rileva che, pur esistendo la legge n° 205 del 1993, anche detta “Legge Mancino”, diretta a perseguire l'odio razziale, questo stesso strumento soffra della mancanza di qualunque riferimento all'orientamento sessuale, all'identità di genere e alla disabilità, quali motivi scatenanti i crimini d'odio. Un vuoto giuridico che la stessa organizzazione chiede sia prontamente colmato.

Legge Mancino e crimini d'odio

Sulla Legge Mancino sui crimini d'odio si veda la voce apposita.

Note

  1. Con discorsi d'odio (dall'inglese “hate speeches”) si fa riferimento a tutte quelle manifestazioni della parola di estrema avversione e intolleranza nei confronti di una persona o un gruppo sociale sulla base di alcune caratteristiche quali la razza, l'etnia, la religione, l'orientamento sessuale, l'identità di genere o di altre particolari condizioni fisiche o psichiche. Tipico esempio di discorso d'odio è quello antisemita.
  2. Così, ad esempio, il testo della Risoluzione del Parlamento europeo sull'omofobia in Europa del 18 gennaio 2006, al considerando A, recita: “l'omofobia può essere definita come una paura e un'avversione irrazionale nei confronti dell'omosessualità e di gay, lesbiche, bisessuali e transessuali (GLBT), basata sul pregiudizio e analoga al razzismo, alla xenofobia, all'antisemitismo e al sessismo".
  3. "Hate crimes in the Ocse region - Incidents and responses", rapporto del 2009 dell'ODIHR (Ufficio per le Istituzioni Democratiche e i Diritti Umani dell'OCSE
  4. Decisione n° 9 del 2009 "Combating hate crimes" del Consiglio dei Ministri dell'OCSE sulla lotta ai crimini d'odio.
  5. "Nachova and others v. Bulgaria", sentenza del 6 luglio del 2005 della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo.
  6. "Homophobia and Discrimination on Grounds of Sexual Orientation in the EU Member States, rapporto 2008 dell'Agenzia per i Diritti Fondamentali dell'Unione Europea (FRA).
  7. "L'intolleranza quotidiana", rapporto sulla situazione italiana pubblicato da Human Rights Watch il 21 Marzo 2011,

Bibliografia

Collegamenti esterni

Voci correlate