Pierino da Vinci

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Voce a cura di Giovanni Dall'Orto, liberamente modificabile.
Il ritratto del Bronzino che si pensa raffiguri Pierino da Vinci

Sullo scultore Pierino da Vinci (ca. 1530-1553) si sa poco di più di quanto scritto dal Vasari nelle sue Vite.

Pierino e Luca Martini[modifica]

Pierino era nipote (figlio d'un fratellastro più giovane) di Leonardo da Vinci, e morì di malaria ad appena 23 anni, lasciandoci giusto un pugno d'opere (elencate dal Vasari, e in parte non ancora identificate con certezza) che rivelano un precoce talento.

La breve vita adulta di Pierino è caratterizzata dalla "esclusiva amicizia” con l'ingegnere Luca Martini (1507-1571) (autore fra l'altro della Loggia del Mercato Nuovo a Firenze), che fu talmente colpito dal vivace ingegno di questo diciassettenne che se lo prese a vivere in casa propria. Curiosamente il talento, a giudicare dal ritratto che il Bronzino fece di Pierino, si accompagnava a una rimarchevole bellezza.

Il fatto che il Bronzino abbia dipinto (se l'identificazione è giusta) un giovane che non era certo in grado di permettersi il ritrattista della migliore aristocrazia, implica che il committente fosse presumibilmente il Martini, ossia che questo fosse uno dei ritratti di ragazzi amati dai personaggi omosessuali della sua cerchia, eseguiti da Agnolo Allori detto "il Bronzino" (1503–1572) e successivamente dal suo "figlio adottivo" Alessandro Allori (“Sandrino”) anch'egli detto "il Bronzino" (1535-1607)[1].

Questi personaggi, non a caso, appaiono nell'elenco che "Wikipedia" stila parlando della cerchia del Martini (riassumendo dalla voce stilata da Alessandra Giannotti per il Dizionario biografico degli italiani): “

« Figura chiave nella committenza di Pierino da Vinci fu Luca Martini, un notaio di origine fiorentina molto presente anche nei circoli intellettuali romani e amico di numerosi artisti e letterati, oltre che molto attivo preso la corte papale.

Luca, già amico del Tribolo almeno dal 1538, venne presentato con l'intermediazione di quest'ultimo a Pierino entro il 1546 (come ricorda Vasari, ma non è da escludere che incontri vi fossero stati anche anteriormente), dando vita a un rapporto reciproco di stima, che presto divenne un'amicizia e un affetto esclusivo.
Appartenevano a questa cerchia figure come Benedetto Varchi, Annibal Caro, Anton Francesco Grazzini, Jacopo Pontormo, il Bronzino, Giovan Battista del Tasso e Benvenuto Cellini, oltre al Tribolo stesso”. »

Ebbene, in questa breve lista d'artisti hanno avuto a che fare a vario titolo con l'omosessualità (dalla semplice scrittura di sonetti d'amore per ragazzi, fino alla vera e propria condanna per sodomia) il Varchi, il Grazzini, il Pontormo, il Bronzino e il Cellini[2].

Il ruolo di Pierino in questo gruppo merita quindi un esame attento. Dopo tutto nel 1527/28 il Varchi aveva commissionato al medesimo Bronzino il ritratto di Lorenzo Lenzi, da lui amato, facendolo dipingere con in mano un "petrarchino" che riproduce sonetti d'amore del Varchi per lui[3].

Agnolo Bronzino, Ritratto di Lorenzo Lenzi (1527/28).

Sono poi documentati altri ritratti meno celebri, opera del Bronzino e del "figlio adottivo" Sandrino, d'altri ragazzi amati dal Varchi[4]; "Sandrino" arrivò a scandalizzarne uno, Giulio della Stufa (1538/39-prima del 1565), non ancora quindicenne, proponendogli di ritrarlo... nudo[5].

Opere[modifica]

La frequentazione d'una cerchia d'intellettuali accomunati da passioni omosessuali è accompagnata, nella breve biografia del Vinci, anche dalla produzione d'opere a tematica omosessuale.
Ovviamente la scelta d'un tema omoerotico non implica di per sé che l'artista fosse omosessuale (esattamente come la scelta di temi eterosessuali non implica l'opposto). Nell'"amicizia" del Martini, Pierino potrebbe aver semplicemente intravisto un'occasione di carriera e averla assecondata, tuttavia è perfettamente lecito osservare che fu tramite la produzione d'opere a tema omosessuale che egli, appunto, l'assecondò.

Si trascuri pure il Putto che orina da un mascherone, statua per fontana priva in sé di significato sessuale, in quanto si limita a riproporre l'iconografia diffusissima del puer mingens: al più mostra che la committenza del giovanissimo scultore si divertiva con un tocco di goliardia.

Tuttavia già il bassorilievo con Pan e Olimpio, conservato al Museo del Bargello di Firenze, ci mostra Pan in erezione che s'inclina con foga su Olimpio, che ha lasciato cadere il flauto a canne che Pan gli stava insegnando a suonare. L'espressione del ragazzo, che si sottrae con un gesto istintivo di ritrosia, sembra peraltro più seccata che spaventata.
Poiché si pensa che Pierino fosse sedici/diciassettenne nel momento in cui creò il rilievo, è lecito porsi domande o sul tipo di committenza che gli chiedeva opere di questo tipo, o non volendo farlo, almeno sui motivi dietro le sue scelte di soggetti, per così dire, altamente insoliti.

Pan e Olimpio

Abbiamo poi un Bacco con satiro (perduto, ma presente nel ritratto del Bronzino, dietro la tenda, con caratteri che lasciano intuire che dovesse avere implicazioni omosessuali), e infine un Bacco col satiro Ampelo, rilavorazione/"restauro" d'un nudo maschile stante di epoca romana (braccia, testa, la figura di Ampelo e le gambe al di sotto delle ginocchia sono integrazioni moderne)[6].

Bacco e Ampelo

Ampelo non è però semplicemente "un satiro" fra tanti, bensì specificamente, secondo il mito antico, l'amante omosessuale di Bacco, come Pierino sa benissimo.
Lo dimostra la posa del gruppo statuario, che ricorda molto da vicino l'Apollo e Giacinto del Cellini (anch'esso al Museo del Bargello di Firenze), che è di per sé un vero e proprio coming out. Il gesto amoroso di Bacco mostra infatti che Pierino era conscio della valenza omosessuale del mito. Lo mostra pure la scelta di dare ad Ampelo i tratti eleganti e il corpo perfetto d'un adolescente, privo delle connotazioni animali, come i piedi a zoccolo e le corna, tipiche dei fauni.
E poco importa qui sapere se la scelta del soggetto fosse del committente o dell'artista: ancora una volta conta per noi il fatto che Pierino lavorasse per quella committenza, con quelle scelte iconografiche (e si ricordi che pure il Cellini trattò nelle sue statue per ben cinque volte il tema dell'amore omosessuale, e questo di solito per sua scelta).

Qualche altra opera nota del Vinci, come il Giovane fiume oggi al Louvre, o il Sansone e il filisteo nel cortile di Palazzo Vecchio a Firenze, rivela una sensibilità omoerotica, sia pure in misura non molto superiore a quella che la scultura manierista ha assorbito "fisiologicamente" dalla "maniera" di Michelangelo.

Un breve spazio di tolleranza[modifica]

Pierino da Vinci, Giovane fiume.

Pierino morì proprio negli anni in cui stava iniziando la reazione, che potremmo definire controriformistica, agli eccessivi entusiasmi neoplatonici della cerchia omosessuale a cui aveva fatto riferimento, e che aveva inflazionato a tal punto il concetto di "Amor socratico" di Marsilio Ficino[7] che per quella data il concetto era ormai usato sarcasticamente come sinonimo di "sodomia"[8]. In breve tempo, i membri di questa pazza cerchia furono costretti a calmarsi e a rientrare nei ranghi (il Cellini finì sposato, il Varchi addirittura prete, e il Grazzini dopo la morte fu messo al bando e perfino all'Indice). È quindi logico immaginare che la stessa sorte sarebbe toccata anche a Pierino, se la morte non gli avesse risparmiato tale destino.

Pierino va comunque considerato il testimone d'un episodio di cosciente costruzione nella Firenze rinascimentale d'una "cultura omosessuale" ante litteram, sotto la maschera dell'Amor socratico, che fu molto significativa (al punto da avere ben pochi paragoni nella cultura e nella storia occidentale), ma anche molto circoscritta nel tempo e nello spazio[9].

Note[modifica]

  1. Analizza il fenomeno, con esempi convincenti, Antonio Geremicca, Sulla scia di Agnolo Bronzino. Alessandro Allori sodale di Benedetto Varchi, "LaRivista. Études culturelles italiennes Sorbonne Universités", 5 2017, pp. 85-112.
  2. Tale cerchia si rapportava anche con un altro grande fiorentino imbevuto dell'ideale omoerotico del Ficino, ma espatriato: Michelangelo Buonarroti. Dalla nutrita letteratura sul tema si veda almeno, quale esempio: Raymond Carlson, "Eccellentissimo poeta et amatore divinissimo": Benedetto Varchi and Michelangelo's poetry at the Accademia Fiorentina, "Italian studies", LXIX 2014 (2) pp. 169-188.
  3. Sull'opera e sul suo significato si veda: Alessandro Cecchi, "Famose frondi de cui santi honori…"; un sonetto del Varchi e il ritratto di Lorenzo Lenzi dipinto dal Bronzino, in: "Artista. Critica dell'arte in Toscana", II 1990, pp. 8-19.
  4. Antonio Geremicca, Sulla scia di Agnolo Bronzino. Alessandro Allori sodale di Benedetto Varchi, "LaRivista. Études culturelles italiennes Sorbonne Universités", 5 2017, pp. 85-112.
  5. Sulla vicenda: Giovanni Dall'Orto, Benedetto Varchi, "La Gaya Scienza".
  6. Alessandra Giannotti ritiene peraltro probabile un intervento del maestro del Vinci, il Tribolo, nelle integrazioni.
  7. Cfr. Giovanni Dall'Orto, Tutta un'altra storia. L'omosessualità dall'antichità al secondo dopoguerra, Il saggiatore, Milano 2015, capitolo 25.
  8. Giovanni Dall'Orto, "Socratic love" as a disguise for same-sex love in the Italian Renaissance, "Journal of homosexuality" XVI, n. 1/2 1989, pp. 33-65. Anche in: Kent Gerard e Gert Hekma (curr.), The pursuit of sodomy: male homosexuality in Renaissance and Enlightenment Europe, Haworth Press, New York 1988, pp. 33-65.
  9. Un esempio paragonabile fu la moda delle iscrizioni di "kalòs" sui vasi ateniesi, che pur durando circa un secolo, fu più diffusa in un periodo ristretto, tanto che a volte è possibile datare il vaso all'anno esatto di produzione (o a un numero di pochi anni contigui) proprio grazie ai nomi dei giovani dell'aristocrazia ateniese contenuti in tali iscrizioni

Bibliografia[modifica]

  • Giorgio Vasari, "Vita di Pierino da Vinci", da: Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori (1568), online su "Wikisource".
  • Alessandra Giannotti, "Pier Francesco di Bartolomeo, detto Pierino da Vinci", Dizionario Biografico degli Italiani, Istituto dell'Enciclopedia italiana, Volume 83, 2015. Disponibile anche online.

Link[modifica]

Voci correlate[modifica]