Pride

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Piazza di Porta San Giovanni gremita di partecipanti del Pride, il 16 giugno 2007.

Definizione

Con l'espressione inglese Pride (letteralmente: "fierezza") si indicano in Italia due concetti distinti:

  • L'orgoglio di essere quel che si è, da parte delle persone omosessuali. La resa del termine inglese pride ha creato in italiano numerosi equivoci attraverso la traduzione più usata, "orgoglio" (che in italiano è anche sinonimo di "superbia"), mentre la traduzione più corretta sarebbe semmai "fierezza", cioè il concetto opposto alla vergogna, vista come la condizione in cui vive la maggior parte delle persone omosessuali. L'"orgoglio gay" si basa su tre assunti:
  1. che le persone dovrebbero essere fiere di ciò che sono,
  2. che la diversità sessuale è un dono e non una vergogna,
  3. che l'orientamento sessuale e l'identità di genere sono innati e non possono essere alterati intenzionalmente.
  • L'uso più diffuso in Italia è però quello come abbreviazione di "gay pride parade", cioè "marcia" (o "manifestazione") "dell'orgoglio gay". In questo senso nel linguaggio colloquiale "pride" indica normalmente la manifestazione e le iniziative collegate che si svolgono ogni anno in occasione della "giornata dell'orgoglio LGBT", nei giorni precedenti o successivi alla data del 28 giugno, che commemora la rivolta di Stonewall.

Lo scopo di queste manifestazioni è appunto celebrare l'"orgoglio LGBT".

I simboli del "gay pride" sono la bandiera arcobaleno ed anche il triangolo rosa, riscattato dall'uso fattone dai nazisti ai danni degli omosessuali.

Arcigay e il Pride

Arcigay organizza e finanzia ogni anno, in stretta collaborazione con l'associazionismo gay, nei giorni precedenti o successivi alla data del 28 giugno, la giornata dell'orgoglio omosessuale o Pride.

È l'occasione per la comunità gay mondiale di commemorare la rivolta di Stonewall di New York del 1969, data simbolica d'inizio del movimento di liberazione omosessuale.

Gay, lesbiche e trans (e eterosessuali) partecipano a imponenti manifestazioni di piazza a sostegno degli obiettivi politici della militanza lgbt e per mostrare tangibilmente all'attenzione pubblica la fierezza del proprio orientamento sessuale o identità di genere, la voglia di non nascondersi, e la felicità di tanti gay, lesbiche o trans.

Orgoglio o fierezza, nel caso del Pride, sono usati come opposto di vergogna, condizione nella quale, stando alla storia recente, doveva essere relegata l’esperienza di omosessuali, lesbiche e transessuali. Proprio lo Stonewall irruppe sulla scena internazionale per mostrare la realtà dell'esperienza di gay, lesbiche e transessuali.

Il Pride promuove la causa dei diritti civili e umani di gay, lesbiche e trans in ambito sociale e politico, aumenta la visibilità ed educa al racconto della comunità lgbt e accresce il numero di sostenitori della battaglia di piana cittadinanza.

Storia dei Pride nazionali in Italia

Non si può parlare in senso stretto di "Pride" in Italia prima del 1994. Prima di allora, infatti, si ebbero diverse manifestazioni (ad esempio a Pistoia e Pisa con una manifestazione contro la violenza o, ancora, nel 1979 l'incontro tra una delegazione del Fuori e il sindaco comunista di Torino Diego Novelli proprio il 28 giugno), nelle quali i partecipanti più giovani oggi faticherebbero a riconoscere i precursori dei "Pride". Erano infatti assenti i carri, la musica, i ballerini ed i costumi, mentre erano presenti striscioni e cartelli, ed i partecipanti marciavano scandendo slogan politici.

Infine, la partecipazione si caratterizzava intorno a qualche centinaio di persone, per quanto politicamente molto determinate.

Come detto, il primo vero e proprio "Pride" si svolse nel 1994, a Roma, dopo un difficile accordo fra Arcigay e il Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli, a cui fu affidata l'organizzazione.

A questo Pride presero parte la parlamentare europea tedesca Claudia Roth, promotrice della risoluzione europea per i diritti degli omosessuali, ed il sindaco di Roma, Francesco Rutelli. La marcia, andando oltre le aspettative, richiamò oltre diecimila persone: questo successo, confermò da un lato la raggiunta "maturità" del mondo lgbt italiano, e dall'altro la giustezza dell'approccio unitario.

L'anno seguente l'iniziativa unitaria si ripetè quindi a Bologna, e nel 1996 a Napoli, con "Iesce sole".

Nel frattempo, nel 1995, durante la manifestazione nazionale di protesta a Verona, "Alziamo la testa", il presidente nazionale di Arcigay Franco Grillini dal palco aveva lanciato l'idea d'un Pride nazionale anticlericale a Roma, in occasione del Giubileo del 2000, e l'idea era stata approvata da tutti i gruppi.

I successivi Pride avrebbero quindi dovuto essere le "prove generali" per una manifestazione d'imponenza mai vista prima in Italia. Purtroppo però nel 1997 iniziarono i problemi. Il Mieli, in parte esaltato proprio dal successo dei Pride, alla fine del 1994 aveva lanciato la federazione Azione omosessuale (che sarebbe durata fino alla fine del 1997), col dichiarato intento di "rompere il monopolio politico esistente all'interno del movimento omosessuale italiano"[1], ossia in funzione anti-Arcigay.

Il tentativo del Mieli d'assumere l'egemonia del movimento gay italiano, facendo leva sulla sua posizione nella capitale e sulla sua contiguità col mondo della politica, non fu ovviamente preso bene da Arcigay: le tensioni crebbero di anno in anno finché nel 1997 si ebbe la spaccatura e si andò a due Pride separati: uno a Roma guidato dal Mieli ed Azione Omosessuale, l'altro a Venezia, con la presenza dei circoli Arcigay e Arcilesbica. I due Pride, complessivamente, ebbero un'affluenza inferiore a quella del primo Pride del 1994, invertendo la tendenza al graduale ma costante aumento dei partecipanti che aveva caratterizzato i Pride unitari.

Infine nel 1999, l'anno precedente il Giubileo, i due Pride separati (Arcigay a Como, Mieli a Roma) toccarono in assoluto il punto più basso[2] della partecipazione: la comunità lgbt non capiva la ragione del contendere fra gli organizzatori ed espresse il suo dissenso disertando entrambi i Pride.

Lo spartiacque del World Pride 2000

Resisi conto della situazione, gli organizzatori fecero un passo indietro (una mossa resa più facile dallo sbandamento di Azione Omosessuale, disciolta per gli aspri dissensi interni nell'ottobre 1997). Arcigay annunciò che nel 2000 non avrebbe organizzato alcun Pride, invitando tutti a convergere su Roma, dove il Mieli stava organizzando il World Pride per la settimana dal 1° al 9 luglio 2000.

Anche così le tensioni non furono però superate: in particolare creò problemi la proposta che ogni associazione contribuisse al Pride in proporzione al numero dei soci, ma che le votazioni concedessero un voto ad ogni associazione. Arcigay, come federazione di gruppi, aveva da sola più soci di tutte le altre associazioni sommate, e si sarebbe trovata a pagare la maggior parte dei costi, potendo però contare nelle decisioni su un unico voto. Pertanto Arcigay nazionale decise di uscire dall'organizzazione dell'evento, lasciando libertà di rimanervi per tutti i singoli circoli che lo desiderassero.

A poco a poco però anche i circoli più vicini al Mieli uscirono dall'organizzazione, e a pochi mesi dall'evento sembrava profilarsi un disastro annunciato.

La situazione fu salvata inaspettatamente dall'attacco mosso dalla Chiesa Cattolica all'idea del Pride[3], motivata dall'intento di mettere in crisi l'alleanza fra cattolici (in primis Francesco Rutelli) e laici nel Pd e favorire il ritorno al governo di Berlusconi.

Gli attacchi mediatici del cardinal Ruini, a tratti forsennati, misero effettivamente in enorme imbarazzo il centrosinistra, permettendo alla Curia d'ottenere quanto si prefiggeva nelle elezioni politiche italiane del 2001, ma causando al tempo stesso non solo un inatteso compattamento all'ultimo minuto di tutte le realtà lgbt italiane, ma anche una partecipazione straordinaria che andò oltre il mezzo milione di persone (la presidente del Mieli, Imma Battaglia, dal palco gridò: "Siamo un milione!).

La misura di tale inaudito successo (quando la testa del corteo arrivò al Circo Massimo, la coda del corteo non era ancora riuscita a partire) non era stata prevista né dai porporati, né dagli stessi organizzatori dell'evento. Enorme fu l'afflusso all'evento di persone eterosessuali che parteciparono per solidarietà.

L'esperienza del World Pride dimostrò ancora una volta che il movimento lgbt otteneva risultati ogni volta che si presentava unito, mentre la divisione causava la diserzione dei partecipanti.

Dopo il 2000

Negli anni successivi ha covato sì una certa tensione fra i gruppi romani da una parte (che sostengono che il Pride nazionale spetti "naturalmente" a Roma in quanto capitale) e il resto del movimento lgbt italiano dall'altra (che ha optato per la scelta d'un solo Pride nazionale "itinerante", assegnato di anno in anno a una città diversa, accanto a vari Pride cittadini o regionali).

Ciononostante, le tensioni si sono mantenute sempre sotto il livello di guardia, e la regola dei Pride nazionali unitari non si è più interrotta.

Molto partecipato fu in particolare quello del 2007, tenutosi a Roma, in risposta al "Family day", che si svolse nella stessa piazza e richiamò molte più persone del "Family day" stesso (le stime danno oltre mezzo milione di partecipanti).

Anche qui fu determinante la partecipazione d'innumerevoli persone eterosessuali, che individuarono nelle richieste del movimento lgbt l'ultimo bastione della laicità in un'Italia sempre più decisamente clericale.

Nel 2014 il movimento lgbt italiano, vista l’impossibilità di trovare un accordo su di una data per un’unica manifestazione nazionale interrompe la consuetudine, invalsa dall’anno 2000 con il World Pride di Roma, di atttribuire a una manifestazione locale il titolo di "pride nazionale" sul quale concentrare le forze del movimento per una grande manifestazione.

L'associazionismo decide di dare il via a Onda Pride, una sorta di coordinamento che riunisce idealmente sotto un’unica regia tutti i cortei del pride che si tengono in Italia. Per il movimento lgbt Onda Pride è la realizzazione che il Gay Pride nel corso degli anni ha cambiato forma, è “maturato” ed è in grado di esprimersi in grandi manifestazioni di piazza da nord a sud.

Bibliografia

  • Oliviero Toscani; Jack Lang, Gay Pride: history, Parigi, Scali, 2005. ISBN 2350120163
  • Massimo Consoli e Maria Cristina Gramolini, Independence gay: alle origini del Gay pride, Bolsena, Massari, 2000. ISBN 8845701581

Note

Voci correlate