Una volta per tutti (2012)

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Il logo della raccolta firme.

Una volta per tutti è il nome di una campagna nazionale di raccolta firme, avviata nel giugno 2012, su di una proposta di legge di iniziativa popolare sulle unioni civili per omosessuali e eterosessuali ideata e coordinata da Alessandro Zan, di SeL, organizzata da Padova pride village e sponsorizzata dalla marca di gelati Ben&jerry's.

Perché una raccolta firme?[modifica]

La conferenza stampa di presentazione.

L'intendo di lanciare una iniziativa di proposta di legge di iniziativa popolare incomincia a circolare nel movimento gay italiano, e in particolare nell'associazione Arcigay su sollecitazione del suo consiglio nazionale a partire dal 2010 quando incomincia una fase di studio di una proposta.

In particolare l'associazione, in un momento di stallo parlamentare sulle tematiche dei diritti lgbt vorrebbe ricominicare a sollecitare la società civile sulla questione delle unioni civili e del matrimonio gay e individua in una raccolta di firme una occasione preziosa per spingere il Parlamento a legiferare in materia. Tra i nodi da sciogliere, per esempio, quelli di scegliere se raccogliere firme sulle unioni civili o sul matrimonio gay o su entrambi i temi, quello di trovare eventuali finanziamenti e valutare la fattibilità gestionale dell'iniziativa.

Nel novembre 2011 il presidente dell'associazione Paolo Patanè accantona temporaneamente l'iniziativa nella sua relazione annuale all'associazione:

« merita un riferimento anche la questione della iniziativa di legge popolare individuata dal consiglio nazionale come elemento strategico su cui puntare politicamente. Il suo naufragio è stato determinato da fattori soggettivi, ovvero il mancanto funzionamento, anzi addirittura la mancata sussistenza del gruppo di lavoro che avrebbe dovuto supportare la segreteria, e da fattori oggettivi, ovvero anche qua la torale mancanza di disponibilità di risorse e il mutamento radicale del quadro politico in cui la concentrazione dei possibili alleati sul referendum in materia di legge elettorale e, di più, il precipizio della crisi economica e politica hanno onestamente determinato l'impraticabilità di un obiettivo che mantiene a mio avviso appeal ma che necessita di una fase più faverevole »
(Paolo Patanè[1])

Il 2 aprile 2012 il responsabile giuridico dell'associazione Dimitri Lioi, nella sua relazione annuale, anche in considerazione del mutato clima politico, rimarca

« la possibilità di valutare l’opportunità politica di riprendere il discorso relativo alla proposizione di un progetto di legge di iniziativa popolare »
(Dimitri Lioi[2])

Mentre per Arcigay l'iniziativa è ancora in fase di studio nel giugno del 2012 il politico padovano Alessandro Zan, l'8 giugno 2012 convoca i media e da il via, senza un preventivo accordo con l'associazionismo lgbt italiano, ad una raccolta firme su di una legge per le unioni civili con la campagna "Una volta per tutti".

« il Padova Pride Village giunto alla sua quinta edizione abbia raggiunto una maturità tale che gli consente di proporsi, non solo come il più grande festival culturale LGBT del nord Italia, ma come specchio del reale in grado di trainare la società civile ad una presa di coscienza dei propri diritti e ad un dimensione europea del diritto di famiglia»

Il lancio della campagna[modifica]

Alla vigilia del Bologna pride 2012, l'8 giugno 2012, l'iniziativa "Una volta per tutti" è presentata a Palazzo Marino a Milano dal giornalista Tommaso Cerno. Alessandro Zan, l'organizzatore, spiega:

« Abbiamo deciso di partire dal basso, dare la parola al popolo e far nascere una risposta popolare a questo vuoto giuridico <...> l’ultima sentenza della Corte Costituzionale, che giudico arretrata, ha detto chiaramente che il matrimonio riguarda le coppie eterosessuali… per questo una proposta di legge sulle unioni civili per etero e omosessuali… diamo la parola al popolo »
([3])
Il sindaco di Milano Giuliano Pisapia interviene a sostegno di "Una volta per tutti".

Dopo Zan interviene il sindaco di Milano Giuliano Pisapia dichiarando:

« Credo e ne sono convinto che il consiglio comunale con un lavoro già iniziato e che avanzerà nei prossimi mesi, arriverà a una soluzione condivisa che avrà le sue obiezioni di coscienza, basta che siano reali obiezioni di coscienza e non strumentali che avrà capacità di trovare consensi anche al di fuori della coalizione di centrosinistra. Ho anche detto ma solo per scaramanzia, che se il consiglio comunale prima di dicembre non troverà una soluzione, la giunta ci penserà e prenderà provvedimenti su questo, al di là di quello che dicono i giornali e di interviste che possono dare un segnale di differenza , vi posso garantire che su questo c'e' e mi e' stata confermata l'unanimità dell'intera giunta »
([4])

Pisapia, a differenza di quanto annuncianto il giorno precedente[5], presenzia alla manifestazione. Come annunciato però non firma la proposta di legge.

Tra i intervengono a sostegno dell'iniziativa poi Paola Concia, del Partito Democratico, Franco Grillini, responsabile diritti civili dell’Italia dei valori e Aurelio Mancuso.

La proposta di legge[modifica]

La proposta di legge, stando al materiale diffuso dagli organizzatori nel corso del lancio della campagna è "sviluppata su tre livelli chiede al Parlamento italiano il riconoscimento di:

  • garanzie e tutele minime alle coppie di fatto, siano esse eterosessuali ed omosessuali, che non possono, o non vogliono, accedere ad alcun istituto giuridico
  • un istituto giuridico intermedio per il riconoscimento delle coppie che convivono, sulla base della loro vita affettiva, che estenda loro e ai lori figli tutele e garanzie
  • un ulteriore istituto giuridico che tuteli le coppie omosessuali sul modello della Civil Partnership Act inglese, come già avviene in altri paesi europei tra cui Germania e Regno Unito".

Lo sponsor[modifica]

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La coppa di fatto di Ben&Jerry's

È il brand di gelati Ben&Jerry’s lo sponsor dell'iniziativa. Nella comunicazione dell'evento spiegano che

« Non è una novità, per Ben&Jerry’s, avere sostenuto negli anni cause di forte impegno civile, come ad esempio quella che desidera garantire a donne e uomini la possibilità di vivere liberamente il proprio rapporto di coppia, senza distinzioni di orientamento sessuale, e con la piena tutela da parte della legge. Attualmente in Italia non esistono ancora forme di riconoscimento giuridico delle coppie di fatto, nonostante il tema sia sempre più discusso e buona parte degli italiani sia favorevole all’istituzione delle unioni civili. Ben&Jerry’s ritiene quindi che sia arrivato il momento di prendere una posizione sull’argomento e far sentire la propria voce per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza di legalizzare le unioni civili nel nostro Paese e adeguare l’attuale Diritto di Famiglia alle nuove forme di convivenza e famiglia»

Il supporto, oltre che con la "sensibilizzare i propri consumatori sull’argomento, invitandoli a firmare la campagna, è uno dei modi migliori per dimostrare quanto anche un marchio di gelati, nel suo piccolo, possa contribuire a rendere il mondo un posto migliore" si esplica, dedicando un gusto di galato alla battaglia di sensibilizzazione.

Nel Vermont nel 2009, ad esempio, per la legalizzazione del matrimonio gay il gusto di gelato "Chubby Hubby" (maritino paffuto) era stato rinominato "Hubby Hubby" (maritino maritino) mentre nel marzo 2012, all'avvio del dibattito per legalizzare i matrimoni tra persone dello stesso sesso in Inghilterra, Ben&Jerry’s ribattezzava il proprio gusto "Oh My Apple Pie" in "Apple-y Ever After" (da Happily Ever After, ovvero lieto fine).

Per l'Italia si decide di rinominare il gelato alla vaniglia con pezzi di cookie "Coppa di fatto". La coppa di fatto non è però in distribuzione come spiega il sito che sostiene la campagna:

« "Coppa di Fatto" rappresenta simbolicamente l'impegno sociale di Ben & Jerry's su questo tema. Non sarà un prodotto reale distribuito con questo nome, ma la testimonianza del nostro supporto alla campagna Una volta Per Tutti in comunicazione.[6] »

La campagna[modifica]

Per sei mesi, dall'8 giugno 2012, i coordinatori promettono di raccogliere firme da presentare poi in parlamento insieme alla proposta di legge. Il quartier generale della raccolta firme è il Padova Pride Village.

Per sollecitare le firme è diffuso sul web uno spot sulle unioni civili.

La contestazione del del movimento lgbt[modifica]

Il movimento lgbt italiano non accoglie con favore l'iniziativa di Alessandro Zan. E per primi a prendere le distanze i giovani del comitato di Arcigay Padova “Tralaltro” con una riflessione intitolata Considerazioni in merito alla proposta di legge di iniziativa popolare sulle unioni civili lanciata dal Padova Pride Village, diffusa sul web l'8 giugno 2012 e firmata da Marco Boato, il Coordinatore del Gruppo giovani e componente del direttivo di Arcigay Padova, Chiara Zanini, dello stesso direttivo e referente italiana per IGLYO, Enrico Boesso, ex presidente del comitato e dalle "ragazze e i ragazzi del Gruppo Giovani del circolo Arcigay Tralaltro":

« Pur nel rispetto della difficile e sofferta decisione presa a maggioranza dal Consiglio Direttivo del circolo [Arcigay Padova “Tralaltro” Arcigay “Tralaltro” di Padova], in merito al cambiamento dei contenuti della proposta di legge di iniziativa popolare lanciata dal Padova Pride Village, e pur apprezzando che una manifestazione come il PPV, unitamente allo sponsor Ben & Jerry’s, si spenda per una iniziativa comunque di alto profilo e molto avanzata in un contesto come quello italiano caratterizzato dalla totale assenza di diritti per le persone LGBT, il Gruppo Giovani del “Tralaltro” sente la necessità di esprimere il proprio dissenso in merito ai contenuti di questa campagna politica.

La proposta di legge, che inizialmente prevedeva la richiesta di accesso al matrimonio civile da parte delle coppie gay e lesbiche, ora è incentrata sulla creazione di un istituto giuridico nuovo, riservato alle coppie di persone dello stesso sesso, equipollente al matrimonio, ma con un nome diverso e diritti/doveri in parte diversi da quelli previsti dal matrimonio tradizionale.

Le ragioni del nostro dissenso sono le seguenti:

  • Riteniamo che, in ossequio al fondamentale principio di uguaglianza, le persone LGBT non debbano avere né meno diritti, né più diritti, né diversi diritti, ma gli stessi diritti di cui godono le persone eterosessuali.

Concordiamo con la posizione secondo la quale l’attuale istituto matrimoniale sia obsoleto e non risponda più alle aspettative della società, tuttavia riteniamo che l’unica risposta corretta a questo problema possa essere una riforma del diritto di famiglia, non certo la creazione di un istituto ad hoc riservato alle coppie omosessuali, equipollente al matrimonio ma diverso da esso.

  • Concordiamo con la constatazione secondo la quale in Italia “la parola <<matrimonio>> è sotto sequestro di un retaggio religioso”. Tuttavia crediamo che questo non possa essere il motivo per non usare tale parola, legittimando di fatto questo “sequestro”. Semmai questo dovrebbe essere il motivo per insistere con ancora maggior convinzione sull’espressione “matrimonio” (civile) per toglierlo dalla sfera di influenza religiosa e riportarlo in quella civile, nella quale dovrebbe naturalmente stare.
  • Crediamo che una campagna nazionale così innovativa e di così ampia portata debba essere necessariamente supportata e condotta insieme ad Arcigay e Arcilesbica Nazionale, a Rete Lenford e, per quanto possibile, a tutte le principali associazioni LGBT italiane.
  • Pur tenendo conto della peculiarità della situazione italiana, riteniamo che in un momento storico in cui Obama, Hollande e Cameron esprimono un chiaro sì al matrimonio (civile) per le coppie omosessuali, una campagna di raccolta firme per una legge di iniziativa popolare sulle unioni civili, nella quale è bandita la parola matrimonio, sia un autogol da parte del movimento LGBT italiano, che dovrebbe coerentemente chiedere il massimo dei diritti possibili.
  • Temiamo che una campagna sulle unioni civili non matrimoniali portata avanti dallo stesso movimento LGBT italiano, possa offrire su un piatto d’argento alla politica l’occasione di rifiutare per chissà quanti anni a venire la concessione del matrimonio gay (“Se loro stessi non lo chiedono, perché dovremmo essere noi a proporlo?”)
  • Ricordiamo che l’instaurazione di due istituti equipollenti ma diversi (e non solo nel nome), uno riservato alle coppie eterosessuali, l’altro riservato a quelle omosessuali, costituisce una grave violazione del fondamentale principio di uguaglianza ed instaura di fatto il regime del “separate but equal”, lo stesso “usato nell’ambito del regime di segregazione razziale in vigore negli Stati Uniti dalla fine dell’Ottocento alla prima metà del Novecento. Come per i neri mezzo secolo fa – obbligati a utilizzare carrozze riservate sui treni e posti particolari nelle assemblee e nei luoghi pubblici – oggi in molti paesi le coppie gay e lesbiche si vedono riconosciuti diritti e obblighi identici a quelli delle coppie eterosessuali, ma sono costrette, nondimeno, ad alloggiare su una carrozza diversa, a loro dedicata e con apposito nome[7]
  • Crediamo che “in conseguenza del diniego a venire riconosciuta la propria unione con il nome che le è proprio – quello di matrimonio – le coppie gay e lesbiche non possano raggiungere la stessa dignità di quelle eterosessuali” e ricordiamo che “alcune indagini svolte nel corso di procedimenti giudiziari hanno illustrato che l’esistenza di due istituti paralleli – per quanto sostanzialmente identici – <<viene vista come un’affermazione ufficiale del fatto che la relazione familiare che lega le coppie omosessuali non ha una statura comparabile o la medesima dignità della relazione familiare delle coppie eterosessuali>>[8]
  • Riteniamo che la diversità tra nomi quali “matrimonio” e “unione civile” non sia meramente semantica né sia del tutto innocua: “essa è considerata una scelta di linguaggio che riflette un’attribuzione nei confronti delle coppie omosessuali di uno status di seconda classe[9]
  • Respingiamo infine l’obiezione diffusa secondo la quale molte persone LGBT non intendono contrarre matrimonio. Anche nel caso questo fosse vero, non sarebbe certo una motivazione sufficiente per negare a chi invece desidera sposarsi il diritto di farlo. Il matrimonio deve essere un diritto, non certo un dovere, per le coppie gay e lesbiche, così come per quelle eterosessuali. La proposta di legge contiene peraltro anche valide alternative al matrimonio, come le “unioni leggere” sul modello dei PACS francesi e il riconoscimento delle coppie di fatto. Crediamo nella libertà di ogni persona e di ogni coppia di poter scegliere il modello di unione a cui si sente più vicino, così come crediamo nella libertà di non sceglierne alcuno, libertà che deve però essere autodeterminazione tra le scelte possibili.

“Una genuina lettura del principio di uguaglianza impone non soltanto il pieno riconoscimento delle unioni gay e lesbiche ma anche il godimento, senza condizioni, del diritto pieno e inviolabile di contrarre matrimonio civile . Le unioni civili e i PACS rappresentano dunque l’ultimo baluardo della segregazione e della discriminazione"[10] »

A seguire prenderanno le distanze dall'iniziativa l'Associazione Avvocatura per i diritti lgbt Rete Lenford con un comunicato stampa[11] che invita a "non firmare" per la proposta di legge perchè:

« l’intervento legislativo più semplice e rispettoso della dignità sociale delle persone consiste nel rendere il matrimonio civile accessibile a tutte e a tutti. Basterebbe un articolo in una proposta di legge. Non vi sono ostacoli in tal senso di carattere costituzionale, come ha recentemente chiarito la corte di cassazione”. Per gli avvocati infine chiedere le unioni civili “è un gioco al ribasso del tutto incomprensibile”, c’è “mancanza di coraggio e di lungimiranza dei partiti e di alcuni loro esponenti »

e “si ignorano del tutto, in tal modo, la volontà e le richieste dei cittadini e delle cittadine omosessuali”.

Ancora, con un documento congiunto[12], il Arcigay, Famiglie Arcobaleno, Agedo, l'associazione di gay e lesbiche cattolici Nuova proposta e l’Associazione radicale Certi Diritti esprimeranno, il loro "no" a Una volta per tutti perchè impossibilitite a sostenere "una proposta ‘sostitutiva’ che finirebbe solo per formalizzare la disuguaglianza” e rilanciano chiedendo agli organizzatori di raccogliere firme sul matrimonio gay, senza però ottenere alcuna risposta.

Il Circolo di Cultura omosessuale Mario Mieli sintetizza in un documento intitolato “Una volta per tutti”: un’iniziativa che non piace a nessuno il sentimento corale della militanza lgbt italiana che rifiuta la proposta di unioni civili considerata una inutile e inopportuna richiesta al ribasso nella battaglia per il raggiungimento della piena parità tra omosessuali ed eterosessuali.

Anche esponenti gay dei partiti promotori dell'iniziativa, Cristina Alicata del Partito democratico e Saverio Aversa di Sinistra Ecologia Libertà, esprimono pubblicamente preoccupazione e perplessità nei contenuti della proposta di legge sulla quale si raccolgono firme. Per Aversa, in particolare:

« A poche ore dal Pride di Roma, un corteo che sabato 23 giugno attraverserà le vie della capitale all’insegna dello slogan “Vogliamo tutto”, i due esponenti di Sel chiedono a gran voce “Dateci di meno”.

Sostengono infatti che, nonostante il congresso fondativo del partito abbia stabilito l’obiettivo del matrimonio omosessuale, c’è “una distanza da colmare se non vogliamo che la nostra idea rimanga una mera affermazione di principio”. Cioè? La meta è lontana, se non addirittura irraggiungibile, e quindi lasciamo il matrimonio alle coppie eterosessuali e lavoriamo per le unioni civili “esclusive” per le coppie gay e lesbiche.

Questa scelta è stata fatta in completa autonomia dai due politici senza una sia pur minima discussione all’interno di Sel che coinvolgesse prima di tutto il Forum Diritti e Cittadinanza, che non si riunisce da molti mesi, e poi tutte le iscritte e gli iscritti interessate e interessati[13]»

Tra le associazioni gay resta completamente isolata Arcilesbica che decide di sostenere l'iniziativa con un comunicato firmato dalla presidente Paola Brandolini:

« L’Associazione Nazionale ArciLesbica si batte perché l’Italia apra il matrimonio civile alle persone dello stesso sesso. E continuerà a farlo fino a che questo risultato non sarà raggiunto.

Sta partendo la Campagna “Una volta per tutti” che lancia una proposta di legge di iniziativa popolare per le unioni civili, che riconoscono gli stessi diritti dei coniugi alle coppie dello stesso sesso che si uniranno attraverso questo istituto.

Siamo pronte a sostenere questa campagna, anche se non coincide con l’apertura del matrimonio civile, perchè quello che ci interessa e ci preme è l’esercizio di uguali diritti, e questa legge li prevede.

L’Unione Europea raccomanda dal 1994 agli Stati membri di aprire alle coppie omosessuali l’accesso al matrimonio o istituto equivalente, è tempo che l’Italia adempia a queste raccomandazioni.

Ci piace che una proposta di legge arrivi al Palazzo dalle firme dei cittadini e delle cittadine, che da anni sono in grande maggioranza favorevoli al riconoscimento delle nuove famiglie.

Giacciono in Parlamento altre proposte di legge nell’indifferenza ottusa dei governi che si sono susseguiti, ma a pochi mesi dalle elezioni politiche vogliamo dare il nostro contributo perchè un’onda di migliaia di firme ricordi ai partiti che tantissimi elettori non vogliono più il primato dell’omofobia per l’Italia.

Serviranno 50 mila firme, facciamo che siano molte di più e vediamo chi oserà chiedere il voto senza rispondere a questa mobilitazione.[14] »

I risultati della campagna[modifica]

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Note[modifica]

Bibliografia[modifica]