Omosessualità e paganesimo

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Il cosiddetto "paganesimo" (termine di ampio uso, ma improprio nel suo trattare come una sola realtà tutte le religioni non monoteiste) ha avuto spesso nei confronti dell'amore fra persone dello stesso sesso un atteggiamento di tipo decisamente diverso da quello che ha caratterizzato le religioni monoteiste nate dal giudaismo.

Religioni mediorientali[modifica]

Pittore di Pentesilea: Zeus rapisce Ganimede (ca. 450 a.C.).

In buona parte dei culti della Mezzaluna fertile esiste un atteggiamento ambiguo nei confronti del comportamento omosessuale (inteso in termini più vicini al nostro concetto di transessualità), tipico del concetto contenuto nel termine latino sacer, che vuol dire contemporaneamente sia "sacro" che "maledetto". Diversi documenti, che attendono comunque ancora uno studio attento, attestano la presenza di sacerdoti o persone addette al culto che sono di sesso maschile ma vestono da donne e vengono in qualche modo assimilati alle donne, pur rimanendo in una categoria ben distinta da quella delle donne[1].

La persona che appartiene a questo gruppo è descritta con vari nomi, come assinnu, ed è presente anche nella Bibbia ebraica come "keleb", termine tradotto (Deuteronomio 23,19) come "cane" (ma la definizione, nella Bibbia inequivocabilmente spregiativa, ha forse in origine la sfumatura di "cane da guardia" della divinità, dato che la si ritrova in senso non dispregiativo in un'iscrizione semitica cipriota)[2].

La Bibbia ebraica contiene anche il misterioso termine kadesh/kodesh (trascritto anche come qedes/qodesh, plurale: kedeshim o qedeshim), che significa "consacrato, santo", che viene normalmente tradotto come "prostituto", o "prostituto sacro" (Primo Libro dei Re 14,24; 15,12; 22,47), nonostante non esista nessuna attestazione di una qualche forma di prostituzione maschile nelle religioni mediorientali antiche. Il testo biblico dice in effetti solo che questo tipo di persone "consacrate" s'era installato nel Tempio stesso di Gerusalemme (Secondo Libro dei Re 23,7) al servizio d'una divinità diversa da Yahweh, esaltando l'azione dei re ebrei che provvidero a cacciarlo da lì. E' quindi perfettamente possibile che si tratti in realtà di sacerdoti travestiti o eunuchi di cui è ampiamente nota l'esistenza fra il clero di alcune divinità femminili come Inanna / Ishtar, la quale ultima sappiamo essere stata venerata nel Tempio di Gerusalemme come "Regina del Cielo"[3].

I miti mesopotamici, da parte loro, danno una testimonianza bifronte di queste figure, da un lato disprezzate (ne La discesa di Inanna agli Inferi [fine III millennio/inizio II millennio a.C.] per aiutare la dea Ishtar prigioniera nell'aldilà, il dio Enki crea, usando lo sporco sotto le sue unghie, il kurgara e il kalatur e li manda a salvare la dea. Che riescono a commuovere la regina dell'Aldilà Ereshkigal e a compiere la missione[4]), dall'altro presentate come sacre e intimamente legate al culto delle divinità (specie Inanna e Ishtar)[5].

Più che a prostituti sacri, comunque, si dovrà forse pensare a castrati, sul tipo di quelli descritti in epoca classica da Luciano di Samosata apocrifo nel De dea Syria[6], che praticavano l'autocastrazione come forma di estremo ascetismo e definitiva consacrazione alla divinità (il mondo classico li conobbe come "galloi" o "galli"[7]). L'eunuco era in effetti profondamente disprezzato nel mondo antico, tuttavia il supremo sacrificio volontario della propria virilità costituiva indubbiamente un titolo di merito, e una prova inequivocabile della propria dedizione alla divinità.
A ciò si aggiunga che i testi antichi ci presentano anche il caso di qedeshot sposate, cosa che rende poco probabile la (pur frequente) traduzione di questo termine con "prostitute sacre"[8], cioè tenuto ad avere rapporti sessuali con i fedeli come vicario della divinità. Benché una pratica di questo tipo sia attestata per le donne (le ierodule), perfino nello stesso mondo greco, la pratica della prostituzione sacra maschile è stata per ora soltanto dedotta dagli studiosi moderni sulla base d'una simmetria astratta con la prostituzione sacra femminile, mentre mancano per ora documenti antichi che attestino l'esistenza effettiva di tale pratica, tanto che non è mancato chi ha parlato di un "mito storiografico"[9]. In effetti, siamo di fronte a un ragionamento circolare: le allusioni bibliche sono intese come allusioni alla presenza di prostituti sacri nel Tempio, la cui effettiva esistenza nell'antichità è però dedotta unicamente facendo riferimento a questi brani della Bibbia.

Antico Egitto[modifica]

Seth (sin) ed Horus ai lati di Ramsete II.

Dai pochi documenti fin qui ritrovati sembra che la cività egizia abbia avuto un atteggiamento negativo verso i rapporti omosessuali, visti come forma di sopraffazione di un maschio sull'altro tale da infliggergli disonore, assimilandolo a una donna. Questa è almeno la visione presentata dal Mito di Horus e Seth, dèi fratelli in lotta per la supremazia. In una versione del loro mito, per schiacciare una volta per tutte Horus, Seth lo sodomizza e poi va a raccontare l'accaduto agli altri dèi, i quali nel sentire la cosa "vomitano e sputano" in faccia ad Horus[10]. Horus però la scampa riuscendo a far eiaculare Seth nelle proprie mani, poi si taglia le mani e le butta in acqua; ottenuto dalla madre Iside un paio nuovo di mani mette il proprio sperma su un'insalata che Seth mangerà, in modo che quando gli dèi si trovano di fronte ai due, che dichiarano entrambi di aver sodomizzato l'altro, chiedono allo sperma di parlare per dire chi avesse ragione, ed è lo sperma di Horus a parlare da dentro l'intestino di Seth.
Il mito mostra che in questa logica il disonore non derivava dal fatto di essersi accoppiato con un altro maschio, bensì dal fatto di avere ricoperto il ruolo della femmina: per un maschio lo sperma di un altro uomo è "veleno", è contaminante al punto tale che Horus deve liberarsi dalle mani (e ciò ci aiuta a capire meglio la mentalità magica della Bibbia nel considerare "contaminante" il coito omosessuale). Da un punto di vista storico la differenza tra la nostra mentalità e questa è enorme, ma all'atto pratico cambia poco: il rapporto omosessuale finisce per risultare comunque un atto che genera disonore e disordine sociale, e come tale va represso dalla società.

Esistono comunque tracce di un'altra versione del mito, nella quale "Horus insinuò il suo seme nel didietro di Seth, e Seth insinuò il suo seme nel didietro di Horus"[11].

Religione grecoromana[modifica]

Giulio Romano, Apollo e Ciparisso (1596)

Omosessualità maschile[modifica]

Nella religione grecoromana l'amore fra persone dello stesso sesso era integrato nei miti e nei rituali molto più di quanto non sia avvenuto in qualsiasi altra religione occidentale.
Alcuni miti greci e latini presentano esplicitamente relazioni omosessuali, di solito di tipo pederastico, fra una divinità di sesso maschile e un mortale di sesso maschile. Tali miti contengono un substrato iniziatico che ha fatto ipotizzare ad alcuni indoeuropeisti (massimamente Bernard Sérgent[12], anche se l'ipotesi parte da un saggio di Jan Bremmer[13]) che in origine il rapporto sessuale fosse la rappresentazione, simbolica e teologica, di un effettivo atto omosessuale a cui erano sottoposti i ragazzi nei riti di iniziazione, come rito di passaggio dall'adolescenza all'età adulta, per renderli fertili attraverso la trasmissione del seme[14].

Perso, già in epoca preistorica, questo rito, secondo Sérgent ne rimase solo il ricordo mitico, che non essendo più compreso, in epoca classica venne reinterpretato secondo le concezioni dei contemporanei relative all'omosessualità, attribuendo agli dèi amori carnali, fini a se stessi[15]. Quale che sia il credito da dare alle tesi di Sergént, resta il dato di fatto che è vero che nella mitologia greca e romana sono numerosi i miti che parlano di coppie omosessuali, fra le quali troviamo quelle formate da: Apollo e Giacinto, Apollo e Ciparisso, Apollo e Imeneo (che significativamente è il dio che presiedeva alle nozze eterosessuali), Crisippo e Laio (il padre di Edipo), Dafni e Pan, Dioniso e Ampelo (personificazione maschile della Vite), Dioniso e Prosinno (il solo mito che racconta di un atto di sodomia subito da un dio), Eracle e Abdero, Eracle e Ila, Eracle e Iolao, Hermes e Croco, Poseidone e Pelope, Zeus e Ganimede.
A questi miti vanno aggiunti quelli di Orfeo, a cui è attribuita l'invenzione della pederastia dopo aver giurato che per la perdita della amata Euridice non avrebbe mai più toccato nessuna donna; di Narciso, innamoratosi della propria immagine vista specchiandosi nell'acqua, e di Ermafrodito, fusione di corpo maschile e femminile in un unico corpo.

In epoca ellenistica, con lo svilupparsi d'una crescente tendenza mistica all'interno della religione pagana, gli accoppiamenti degli dèi furono visti con crescente imbarazzo, fino ad essere messi apertamente in ridicolo da scrittori pagani come Luciano di Samosata, ed ovviamente anche cristiani. Si ebbe quindi una reazione che rilesse in chiave puramente mistica le relazioni omosessuali, ad esempio interpretando il rapimento di Ganimede da parte di Giove come una rappresentazione mistica del rapimento dell'anima umana verso le altezze del Divino. Questa lettura fu cara alle correnti mistiche del paganesimo tardo, come il neoplatonismo, ed appare quindi con molta frequenza nell'arte ellenistica, da cui sarebbe stata ripresa nel XIX secolo dall'arte neoclassica.

Lesbismo[modifica]

Jacopo Amigoni (1675 - 1752), Giove e Callisto (ca. 1740-1750).

Il solo mito grecoromano che descriva un rapporto sessuale fra una divinità femminile e un essere umano di sesso femminile è quello di Diana e Callisto [1], che ingloba tracce di un mito legato all'iniziazione (anche sessuale, ma non solo) delle giovani, nel passaggio dall'adolescenza all'età adulta.

Esso però ci è giunto mescolato ad altri miti, di tipo astrale (nei quali Callisto è l'Orsa maggiore), e oltre tutto riletto e modificato attraverso un'ottica patriarcale, in modo tale che il rapporto sessuale avviene non fra una dea e una donna, bensì fra un dio (Zeus) che ha assunto il corpo di Diana per ingannare e sedurre una donna.

Il mito di Ifi e Iante, proposto da Ovidio nelle Metamorfosi (IX, 666-797), è invece tardo, ed ha carattere più letterario che religioso.

Altre religioni[modifica]

L'omosessualità è presente in varie religioni del Nuovo Mondo, come quella azteca, o quella scandinava, e nelle religioni sciamaniche.

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Galleria d'immagini[modifica]

Apollo e Ciparisso[modifica]

Bacco e Ampelo[modifica]

Ercole ed Ila[modifica]

Note[modifica]

  1. Claudio Saporetti, Abolire le nascite. Il problema nella Mesopotamia antica, Jouvence, Roma 1991, pp. 71-119.
  2. David Winton Thomas, Kelebh 'dog': its origin and some usages of it in the Old Testament, "Vetus Testamentum", X 1960, pp. 410-427, specie alle pp. 426-427.
  3. L'identità di kelebim e qedeshim è discussa in: K. Renato Lings, Love lost in translation. Homosexuality and the Bible, Trafford publishing, s.l. 2013, pp. 155-194.
  4. La discesa di Inanna agli Inferi si legge in: Jean Bottéro e Samuel Noah Kramer (a cura di), Uomini e dèi della Mesopotamia, Einaudi, Torino 1992, pp. 288-303, alle pagine 297-300, versi 219-281. Nel commento a p. 306 i curatori informano che kurgara e kalatur sono due figure di sacerdoti/travestiti della cultura mesopotamica.
  5. Claudio Saporetti, Op. cit.
  6. Luciano di Samosata (apocrifo), Della dea Siria, in: Luciano di Samosata, I dialoghi e gli epigrammi, Casini, Roma 1962, pp. 931-948. Traduzione di Luigi Settembrini.
  7. Su di essi si veda il controverso sito a: http://gallae.com/His3.html
  8. Lo sostiene Joan Westenholz, Tamar, qedesha, qadishtu and sacred prostitution in Mesopotamia, "Harvard theological review", LXXXII 1989, pp. 245-265, che presenta una lunga serie di documenti che provano che qedeshim e qedeshot erano solo classi di sacerdoti e sacerdotesse. Queste ultime potevano sposarsi e avere figli. Se poi i redattori della Bibbia, loro nemici giurati, hanno magari inteso farne delle volgari prostitute, la cosa non sorprende.
  9. Daniel Arnaud, La prostitution sacrée en Mésopotamie, un mythe historiographique?, "Revue de l'histoire des religions", LXXXIII 1973, pp. 111-115.
  10. Il mito si legge in una versione del 2100 a.C. circa in: Testi religiosi egizi, a curia di Segio Donadoni, Editori associati, Milano 1988, pp. 256-258.
  11. La versione è stata trovata nella piramide di Pepi I ed è citata in: Greg Reeder, Same-sex desire, conjugal constructs, and the tomb of Niankhkhnum and Khnumhotep, "World archaeology", XXXII 2000 (2, "Queer archaeologies"), pp. 193-208, a p. 202.
  12. Bernard Sérgent, L'homosexualité initiatique dans l'Europe ancienne, Payot, Paris 1986.
  13. Jan Bremmer, An enigmatic indo-european rite: pederasty, "Arethusa", XIII 1980, pp. 279-298.
  14. La tesi non ha mai peraltro ottenuto l'unanimità dei consensi: a titolo di esempio Eva Cantarella, recensendo il libro, affermò che lettura di Sérgent "poggia su indizi tropo fragili" (p. 373), contestando soprattutto la possibilità di leggere in chiave "iniziatica" l'omosessualità nel contesto romano. (Eva Cantarella, Iniziazione greca e cultura indoeuropea, "Dialogues d'histoire ancienne", XIII 1987, pp. 365-375).
  15. Bernard Sérgent, L'omosessualità nella mitologia greca, Laterza, Bari 1986.


Voci correlate[modifica]

Bibliografia[modifica]

  • Angelo Brelich, Paides e parthenoi, Edizioni dell'Ateneo, Roma 1969.
  • Jan Bremmer, An enigmatic indo-european rite: pederasty, "Arethusa", XIII 1980, pp. 279-298.
  • Andrew Calimach, Lovers' legends: the gay Greek myths, Haiduk Press, 2002, ISBN 0971468605.
  • Randy P. Conner, David Sparks, Mariya Sparks (a cura di), Cassell's encyclopedia of queer myth, symbol and spirit: gay, lesbian, bisexual and transgender Lore, Cassell, 1998, ISBN 0304704237.
  • Bernard Sérgent, L'homosexualité initiatique dans l'Europe ancienne, Payot, Paris 1986, ISBN 2228141305.
  • Bernard Sérgent, L'omosessualità nella mitologia greca (1984), Laterza, Bari 1986. ISBN 978-8842027621.
  • Sørenson, Preben M., Joan Turville-Petre, The unmanly man: concepts of sexual defamation in Early Northern society, The Viking collection, studies in Northern civilization 1. Odense University Press (1983). ISBN 978-8774924364.
  • John Dececco, e Ronald Long (curr.), Men, homosexuality, and the gods. An exploration into the religious significance of male homosexuality in world perspective, Routledge, New York 2004. ISBN 978-1560231523.

Collegamenti esterni[modifica]