Metodo Boffo

Da Wikipink - L'Enciclopedia LGBT+ italiana.
Jump to navigation Jump to search

Metodo Boffo è un'espressione usata nel mondo della politica e del giornalismo per indicare una campagna di diffamazione a mezzo stampa, basata su un misto di falsificazioni e forzature della realtà, con l'obiettivo di distruggere la reputazione di un rivale e di manipolare l'attenzione dell'opinione pubblica, distogliendola da temi che i calunniatori reputano scomodi per loro o per la loro fazione.

La vicenda Tale - illegale e immorale - macchina del fango prende il nome dal sacerdote e giornalista Dino Boffo, all'epoca dei fatti contestati direttore del quotidiano "Avvenire", "reo" di aver scritto alcuni editoriali ostili nei confronti di Silvio Berlusconi nel periodo in cui cominciavano a trasparire i primi dettagli sullo "scandalo del bunga-bunga" con protagonista proprio il leader di Forza Italia[1]. Tra l'agosto e il settembre del 2009, Boffo venne preso di mira dal "Giornale" - testata di proprietà di Berlusconi - diretto da Vittorio Feltri.

Il motivo per cui questa vicenda rientra a pieno titolo nell'enciclopedia Wikipink sta nel fatto che l'«accusa» che il "Giornale" mosse nei confronti di Boffi fu quella di essere un noto omosessuale.

Feltri fece pubblicare una presunta informativa della polizia in cui Boffo era indicato come un "noto omosessuale", querelato da una signora di Terni che nel periodo compreso tra l'ottobre del 2001 e il gennaio del 2002 aveva ricevuto da lui telefonate volgari e offensive nonché intimidazioni affinché lasciasse il marito, che avrebbe avuto una relazione con Boffo. Il 28 agosto 2009 Gabriele Villa, a corredo dell'informativa, scrisse:

« Il direttore dell'"Avvenire", in prima fila nella campagna di stampa contro Berlusconi, intimidiva la moglie dell'uomo con cui aveva una relazione omosessuale. Per questo ha patteggiato: con una multa ha evitato sei mesi di carcere. » (Gabriele Villa, "Il Giornale", 28 agosto 2009.[2]) Boffo reagì definendo una "patacca" la documentazione pubblicata sul "Giornale" (smentita, tra l'altro, anche dal gip di Terni), ammettendo invece di aver pagato un'ammenda per il reato di molestia alle persone, per una vicenda causata però non da lui ma da un giovane che, tuttavia, nel frattempo era deceduto[1][3][4]. Annunciò inoltre che avrebbe sporto denuncia per diffamazione[4]. Non paga, la redazione de "Il Giornale" andò avanti con la macchinazione - nessun cronista, nemmeno tra le firme più note della testata come Nicola Porro e Alessandro Sallusti, si dissociò[5] - e il 29 agosto fece pubblicare in prima pagina, in un'editoriale firmato dal direttore Feltri, quanto segue:

« Il direttore dell'"Avvenire" non ha le carte in regola per lanciare anatemi furibondi contro altri peccatori, veri o presunti, e neanche per tirare le orecchie a Berlusconi. Il problema è che in campo sessuale ciascuno ha le sue debolezze ed è bene evitare di indagare su quelle del prossimo. Altrimenti succede di scoprire che il capo dei moralisti scatenati nel vituperare il capo del governo riveli di essere come quel bue che dava del cornuto all'asino. Mai quanto nel presente periodo si sono visti in azione tanti moralisti, molti dei quali, per non dire quasi tutti, sono sprovvisti di titoli idonei. Ed è venuto il momento di smascherarli. » (Redazione de "Il Giornale" del 29 agosto 2009[6].) Di fronte alle prime critiche che gli pervennero - inerenti non al contenuto ma allo "stile" con cui si era pubblicata la notizia - Feltri rispose con un discorso che palesava fin troppo chiaramente il suo vero intento, ossia la creazione di un'arma di distrazione di massa:

« Mi rendo conto che è un'intromissione nel suo privato e mi dispiace ma quello che volevo dire era proprio questo, il mio discorso era politico. Volevo dire che bisogna fare attenzione al privato se non hai tutte le carte in regola e nessuno di noi ce l'ha. Io per esempio non mi permetterei di fare la morale sulle signorine con cui qualcuno si accompagna. Non capisco perché si può fare a Berlusconi e non al direttore dell"Avvenire", non siamo tutti uguali?». » (Vittorio Feltri, "Il Giornale" del 31 agosto 2009[4].) Esasperato da tanto clamore, a cui non era abituato, Boffo presentò le dimissioni da direttore dell'"Avvenire" il 3 settembre 2009, subito accettate dal presidente della Conferenza episcopale italiana Angelo Bagnasco[7]. "Il Giornale" accolse l'evento con giubilo: «Vittorio Feltri vince la sua prima "battaglia" da quando ha preso le redini del quotidiano di via Negri», venne pubblicato sul sito del quotidiano a commento della notizia[7].

Già nel dicembre del 2009 però Feltri fu costretto ad ammettere che «la ricostruzione dei fatti descritti nella nota, oggi posso dire, non corrisponde al contenuto degli atti processuali»[1], aggiungendo inoltre che «Boffo ha saputo aspettare, nonostante tutto quello che è stato detto e scritto, tenendo un atteggiamento sobrio e dignitoso che non può che suscitare ammirazione»[8]. In seguito, dichiarò ai pm di Napoli e in un'intervista all'"Espresso" che la fonte della "velina" su Boffo era stata data dal cardinal Tarcisio Bertone al faccendiere Luigi Bisignani, che a sua volta l'avrebbe girata alla politica Daniela Santanchè, la quale la condivise col compagno Alessandro Sallusti[9].

Per le false accuse a Boffo, nel marzo del 2010 Feltri fu sospeso dall'albo dei giornalisti per sei mesi[10], poi ridotti in novembre a tre[11]. Marco Tarquinio, successore di Boffo all'"Avvenire", nel 2010 ha condannato il "metodo Boffo", definendolo un "misfatto", un uso della stampa "per fare del male in modo consapevole e violento"[3]. Un anno dopo la vicenda, Dino Boffo fu nominato direttore della tv vaticana "TV2000".

Ancora una volta, quindi, la - presunta - omosessualità di una persona era stata usata come pesantissima arma di discredito nei confronti della stessa.

Note ↑ 1,0 1,1 1,2 Cos’è il “metodo Boffo”, ilpost.it, 30 settembre 2013. ↑ Boffo, il supercensore condannato per molestie, Il Giornale, 28 agosto 2009. Emblematico il fatto che, a circa dieci anni di distanza dai fatti narrati, quando ormai la verità è stata appurata da un pezzo, sia l'articolo diffamatorio di Villa sia gli altri due citati in questa pagina siano ancora facilmente reperibili e consultabili sul sito de "Il Giornale" senza alcuna smentita o rettifica. ↑ 3,0 3,1 "Metodo Boffo con falsi grossolani", "La Stampa", 29 agosto 2010. ↑ 4,0 4,1 4,2 Boffo: "E' una patacca". Feltri: "Ecco le carte", "Il Giornale", 31 agosto 2009. ↑ Porro non si dissociò da Sallusti sul "metodo Boffo", "Affaritaliani.it", 19 maggio 2016. ↑ Caso Boffo, scontro tra Cei e il Giornale. Feltri: "Moralisti smascherati, avanti", "Il Giornale", 29 agosto 2009. ↑ 7,0 7,1 Boffo dà le dimissioni, Bagnasco le accetta, "Corriere della Sera", 3 settembre 2009. ↑ Feltri ci ripensa: Boffo va ammirato, "Corriere della Sera", 4 dicembre 2009. ↑ Così funzionava la macchina del fango. Vittorio Feltri ricostruisce il caso Boffo, "L'Espresso", 3 luglio 2014. ↑ Caso Boffo, Feltri sospeso. Sei mesi fuori dall'Ordine, "La Repubblica", 26 marzo 2010. ↑ Feltri sospeso dall'Ordine per tre mesi dopo il caso Boffo. Potrebbe lasciare il Giornale, "Il Sole 24 ore", 12 novembre 2010.