Alain de Benoist
Alain de Benoist (1943-vivente) è un "filosofo neo-pagano" francese vicino alle posizioni dell'estrema destra, che ha fatto propria la critica alla cosiddetta "teoria del gender" in un'ottica laica e non più confessionale.
Vita[modifica]
Da Filosofico.net:
« Nato l'11 dicembre 1943 a Saint-Symphorien (Idre-et-Loire) in un contesto familiare che, come precisa lui stesso, era connotato da una, allora comune, impronta culturale cattolico-borghese, si trasferì all'età di sei anni a Parigi. La sua prima formazione ideologico-politica avvenne sui libri di Henry Conston ( conosciuto da De Benoist a quattordici anni, in vacanza) il quale sin dagli anni venti, spendeva il proprio tempo argomentando contro i complotti del potere giudaico-massonico. Il suo primo incontro con la filosofia avvenne al liceo (istituti Montaigne e Luis-le-Grand) dove si imbatte nel pensiero di Nietzsche, il quale, per dirla con Vico, è uno degli “auttori” del pensatore francese. Sempre durante il liceo, iniziò una stretta collaborazione con il mensile “Lectures françaises”, diretto da Henry Coston, grazie al quale, nel 1963, pubblicò, sotto lo pseudonimo di Fabrice la Roche, il suo primo saggio: Salant deviant l'opinion. Quasi parallelamente, dal 1961, iniziò una doppia sessione di studi universitari (studi di lettere e diritto) presso l'università La Sorbona. In quegli anni (primi anni sessanta) si dedicò alla lettura di Maurras e Barres ed entrò nella redadazione del mensile “Cahiers universitaries”, del quale sarà segretario dal 1962 al 1967. Nel 1963 conosce Dominique Venner (militante nazionalista-europeista) e frequenta l'ambiente della rivista “Europe-Action”, la quale si contraddistingueva per un “nazionalismo europeo” dai tratti anticomunisti e xenofobi. Contemporaneamente si impegnò a diffondere negli ambienti della destra francese le idee di Louis Rougier, epistemologo francese che riuniva nel suo pensiero la critica della metafisica alla critica del cristianesimo, conosciuto da De Benoist nel 1965. Questo dava al giovane intellettuale la possibilità di realizzare la prima sintesi alternativa tra nietzsche e l'epistemologia neo-positivista all'interno dell'ambiente della destra francese. A partire dal 1969, dopo altre numerose collaborazioni, prese parte ai lavori e alla fondazione dell'associazione G.R.E.C.E. (Groupe de recherches et d'etudes sur la Civilisation Européenne), la quale si caratterizzerà per gli studi sulla dimensione metapolitica e culturale di ogni politica. Precedentemente, nel 1968, aveva fondato la rivista “Nouvelle école” la quale riuniva i delusi del nazionalismo e della politica aculturale della destra francese. Nel giro di un anno conobbe e convinse a partecipare alla rivista Giorgio Locchi, corrispondente a Parigi del “Tempo”, il quale, da valido germanista, gli fece scoprire gli scrittori della “rivoluzione conservatrice” tedesca, aprendo “nuove piste” al pensiero di De Benoist. La posizione crescente assunta dalla riflessione metapolitica in De Benoist lo portò ad allontanarsi sempre più dai discorsi phamphlettistici dell'estrema destra per assumere, nei suoi interventi e nei suoi scritti un tono universitario ed un intento enciclopedico, allora, e tutt'oggi, totalmente estraneo alla destra francese. A partire dagli anni settanta, conseguentemente al suo interesse per la metapolitica e per le ricerche erudite, iniziò una intensa attività di saggista e polemista che lo portò alla pubblicazione di una serie di scritti destinati a segnare il panorama culturale francese ed europeo. Tra questi si possono ricordare: Nietzsche:Morale e grande politica (1973),Visto da destra (1977), Il Male Americano (1978) . Nel 1978 per Visto da destra ottenne il Grand prix de l'essai de l'Academie Française. Sempre negli anni settanta partecipò alla fondazione di “Eléments”, collaborò con le riviste “Figaro-Magazine”, “Valeurs Actuelles”, “Le Spectacle du monde”, “Item” e “Question de”, prendendo parte a dibattiti nazionali ed europei sul pensiero di Nietzche, sul razzismo e sull'egualitarismo. Alla fine degli anni settanta il pensiero di De Benoist fu oggetto di una forte critica da parte della stampa francese di sinistra che lo accusava di neofascismo e di razzismo dalla quale si difese con una serie d'interventi a dibattiti e conferenze. Da questa campagna stampa, il movimento intellettuale collegato alle esternazioni di De Benoist vide assegnarsi l'etichetta, da allora instaccabile, di “Nuova Destra”, che tutt'oggi denomina gli intellettuali che in Francia ed in Italia (ad esempio M.Tarchi) si riconoscono nelle idee dello studioso francese.
Negli anni ottanta collaborò a France-Culture, fondò la rivista “Krisis” ( staccandosi parzialmente dall'ambiente del G.R.E.C.E) ed intensificò la sua attività di saggista. A questo periodo appartengono: Come si può essere pagani?, Moeller van den Bruck o la rivoluzione conservatrice, Il nemico principale, Democrazia: il problema, Oltre l'occidente. Nello stesso decennio intraprese ed approfondì lo studio di Heidegger che, nel corso del tempo, finì per soppiantare Nietzsche nel pensiero debenoistiano, che, durante quel periodo, si incentrò sulle tematiche del etnopluralismo, dell'europeismo, dell'antindividualismo ed dell'antiliberalismo. Queste ultime due tematiche lo portarono a confrontarsi con gli studiosi del M.A.U.S.S (Movimento antiutilitarista delle scienze sociali), tra cui strinse buoni rapporti, in particolare, con Alain Caillé e Serge Latouche. In seguito, nel corso degli anni novanta, il pensiero di De Benoist si articolò intorno alla tematica dell'antiamericanismo che, dalla caduta del muro di Berlino, divenne la base ideologica per incontri con personaggi come Aleksander Dughin, contestatario postcomunista del governo di Eltsin. Tra i suoi scritti in quel lasso di tempo si evidenziano: L'impero interiore, Operaio tra dei e titani.Ernest Junger “sismografo” dell'era della tecnica, Comunismo e Nazismo, Ripensare la Guerra. Nel 1993 l'intellettuale francese dovette difendersi per una seconda volta da una campagna stampa orchestrata contro le sue idee da Le Monde, che lo accusava di criptofascismo a seguito della ripresa di tematiche come quelle dei diritti dei popoli e del diritto alla differenza, che hanno reso il pensiero di De Benoist uno dei pensieri “maledetti” della cultura contemporanea. Attualmente, De Benoist continua la sua collaborazione con riviste come “Elements” e “Krisis”, definendosi un'intellettuale trasversale al di là della destra e della sinistra e rispecchiandosi volentieri in un ottica neo-comunitaria ed antiutilitarista, portatrice di una rinnovata etica dell'onore e del rispetto, corroborata da più di trent'anni di studi e di riflessioni in merito'. [1]. » |
Contro la teoria del gender[modifica]
Nella sua ottica, il "diritto alla differenza" sarebbe minacciato anche da quella che egli chiama théorie o idéologie du genre: ovvero, "teoria/ideologia del genere". In questo, non si discosta molto dalla terminologia del movimento "no-gender".
De Benoist si contrappone al cosiddetto "femminismo egualitarista"[1]: quello per il quale "ormai, non serve più evocare i 'diritti della donna', termine di natura per distinguere le donne dagli uomini, ma di diritto 'all'emancipazione degli individui'"[2]. Per questo genere di femminismo, non si tratterebbe più di liberarsi dal patriarcato, bensì di liquidare la differenza sessuale[3].
Così De Benoist riassume la cosiddetta idéologie du genre:
« Dissociando radicalmente il genere dal sesso biologico, essa sostiene che l'identità sessuale non dipende affatto da quest'ultimo, ma dai ruoli sociali attribuiti dagli individui dall'educazione o dalla cultura. [...] Gli orientamenti sessuali sono essi stessi disconnessi dal sesso... ([4]. » |
Le sue argomentazioni, come mostra il resto del pamphlet citato, sono volte a dimostrare che le differenze di "genere" sono invece radicate nella biologia stessa del maschio e della femmina.
Omosessuali, transessuali e transgender[modifica]
Per quanto riguarda l'omosessualità, De Benoist afferma che:
« Si tratta ugualmente di un abuso linguistico qualificare l'omosessualità come 'terzo sesso'. I gay e le lesbiche sono uomini e donne come gli altri dal punto di vista biologico. Ciò che li distingue sono le loro preferenze sessuali. Queste non sono certo 'normali', nel senso che l'eterosessualità è necessariamente la norma all'interno di una specie sessuata - sono gli eterosessuali che assicurano la riproduzione della specie - ma sono perfettamente naturali nel senso che sono sempre state osservate a tutte le latitudini e in tutte le epoche. La denuncia dell'omosessualità come una violazione della 'legge naturale' è, a questo riguardo, una pura assurdità[5]. » |
L'autore francese ne conclude che esistono in natura due sessi, ma anche una pluralità di pratiche, d'orientamenti o di preferenze sessuali (p. 6). Il genere, o gender, rappresenterebbe la dimensione socio-storica, culturale e simbolica dell'appartenenza al sesso biologico (ibidem). Lungi dall'essere un fatto meramente genitale, la virilità o la femminilità permeerebbero ogni aspetto della vita di una persona, anche sul piano psichico (p. 10). De Benoist è perciò durissimo (e d'una pietà sprezzante) nei confronti delle persone transessuali e transgender, definendoli:
« handicappati del sesso che non accettano il proprio corpo sessuato e cercano di identificarsi negli attributi dell'altro sesso. Un corpo fantasma ha sopravanzato in loro il corpo reale [...] quali che siano i loro sforzi, non cambieranno sesso[6]. » |
Conclusioni[modifica]
Le conclusioni di Alain de Benoist sono le seguenti:
« L'ideologia del genere è dunque la rimonta del perizoma. L'ideologia "foglia di fico": non più "nascondete questo sesso che non riuscirei a guardare", ma "nascondete questo sesso che non ha niente da dirci". Il sogno di una post-modernità post-sessuale dove, per aver creato una società senza classi, si avrebbe una società senza sessi. Una società dove la "liberazione del desiderio" significherebbe non più che si debba liberare il desiderio, ma che bisogni liberarsene. Un sogno d'indistinzione, un sogno di morte.[7] » |
L'analisi dello scrittore francese approda dunque non all'acquisizione di una conoscenza, ma al timore per una distopia che si potrebbe realizzare nel futuro.
Il successo dei suoi scritti è probabilmente dovuto proprio al loro essere interpreti di un "male di vivere" diffuso davanti allo sgretolarsi di certezze ritenute ovvie finora. Allo stesso tempo, grazie alla facile locuzione "ideologia del genere", le parole di De Benoist forniscono anche una formula con cui indicare il capro espiatorio di detto malessere. Un capro espiatorio comunque immateriale, trattandosi di un insieme di "idee" e non di azioni o persone. Resta il fatto che le sue affermazioni su transessuali e transgender, se prese sul serio, renderebbero ancora più difficile il riconoscimento della dignità di un'intera fetta della popolazione umana, da lui descritta come handicappata e delirante.
Note[modifica]
Voci correlate[modifica]
Link esterni[modifica]
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Bibliografia[modifica]
- Alain de Benoist, Non à la théorie du genre!, Mordicus, _____ 2014.
- Alain de Benoist, Oltre l'uomo e la donna. Contro l'ideologia gender, Circolo Proudhon, s.l. 2015.