Scandalo dei ragazzi-squillo di Roma
Voce a cura di Stefano Bolognini,liberamente modificabile
Lo scandalo dei ragazzi-squillo di Roma è il nome con il quale la stampa ha raccontato una serie di reati a sfondo sessuale, emersi a Roma nel 1960 da un'indagine della Procura su un circuito organizzato di prostituzione maschile e minorile. L'inchiesta, di qualche mese precedente a quella dello scandalo dei Balletti verdi di Brescia e identica negli sviluppi, originò un'ampia eco sui media.
Il caso, descritto come la scoperta di una delle più vaste “organizzazioni del vizio” operanti nel Paese, generò clamore e vibranti polemiche tanto che fu oggetto di discussione parlamentare. In occasione dello scandalo Pier Paolo Pasolini scrisse una lettera alla stampa di sinistra, rimasta però inedita fino al 1999[1], per criticare il linguaggio della stampa italiana sull'omosessualità.
La cronaca
Secondo la ricostruzione della stampa dell’epoca lo scandalo dei ragazzi squillo di Roma ha inizio grazie "alle dichiarazioni [rilasciate alla polizia, ndr.] di un medico cui un giovane aveva fatto sconcertanti rivelazioni"[2], "una confessione colta da un bambino di 10 anni" [3].
Dopo "lunghi pedinamenti" gli inquirenti individuano, nell'aprile del 1960[3], nell'abitazione del tedesco Konstantin Feile, in Via Carso 34 a Roma, la sede di una casa chiusa per omosessuali. Feile, il principale inquisito della vicenda, è immediatamente arrestato, mentre un suo complice denunciato, l'attore canadese Bendoin Mills, di 22 anni, lascia precipitosamente Roma in aereo per l'Inghilterra.
Le indagini rivelano un circuito di prostituzione minorile che coinvolge numerosi giovani e giovanissimi (la stampa parla di oltre un centinaio, decine, centinaia di giovani: il numero esatto non è desumibile sulle ricostruzioni della cronaca dell'epoca).
Stando alle deposizioni rilasciate dagli adolescenti coinvolti "ogni giorno", nell'appartamento dell'uomo (quattro stanze, ciascuna dotata di letto e poltrone), "in alcune ville di Roma e in residenze marine e di campagna" [4] si sarebbero svolti "riunioni", "baccanali", "festini discinti in aperta campagna" e "sedute nudistiche".
I ragazzi, dagli 8-9 anni ai 16 anni[3], erano reclutati, "con le lusinghe di qualche regalo", all'uscita di alcuni istituti scolastici privati, soprattutto religiosi, e oltre a essere introdotti alla prostituzione erano ritratti in fotografie pornografiche "scattate in feste campestri".
Le fotografie, tremila quelle sequestrate, "passavano per le mani dei clienti fidati" ed erano diffuse in "mezza Europa". Qualche ora in compagnia dei giovinetti costava "quindicimila lire"[5].
È documentata, almeno all'inizio dello scandalo, anche la partecipazione di donne ai festini: Feile "conviveva con un giovane tedesco e dava ospitalità, a quanto pare, a donne di facili costumi per dare vita a vere e proprie orge fra rappresentanti dei tre sessi[6]" e nel ruolo di adescatrici dei giovinetti, ma l'aspetto verrà rapidamente cancellato dalle cronache dell'epoca, che si concentreranno esclusivamente sulla corruzione dei ragazzini.
La cronaca descrive in modo particolareggiato lo sviluppo delle indagini.
Sabato 23 aprile[7] l'autorità giudiziaria denuncia Valentino Costenaro, piazzista laureato in lettere, per concorso in corruzione di minorenni. L'uomo ha precedenti penali per reati contro la morale, in particolare una denuncia che risale al 1943, quale responsabile d'un centro di orfani di guerra, la "Crociata della bontà", da lui fondato, e successivamente d'un collegio per ragazzi abbandonati a Formia (in località Santa Maria della Noce).
Il 25 aprile la polizia invita i presidi degli istituti scolastici romani, luoghi deputati all'adescamento dei giovanissimi, perché, tra le migliaia di foto sequestrate nell'appartamento di Feile, riconoscano i propri studenti. Il preside dell'Istituto Angelo Mai espelle gli studenti ritratti negli scatti pornografici[5].
Il 27 aprile, nel corso degli interrogatori, due giovanissimi studenti confermano di aver partecipato alle orge insieme a turisti stranieri e persone notissime dei salotti e della vita notturna romana[4].
Il 30 aprile è coinvolto nello scandalo dei "ragazzi squillo" l'ingegner Giulio Correa, dirigente radiofonico di 38 anni, sposato e padre di due figli, indagato per aver intrattenuto relazioni sessuali con due degli adolescenti, habitués dello studio dello scultore tedesco[8]. Corea è denunciato per atti osceni e corruzione di minorenni: "mentre la moglie ed i figli erano in villeggiatura, trasformava il suo lussuoso villino di Vigna Clara in ritrovo per inconsueti «trattenimenti». Egli, inoltre, a quanto pare, usava incontrarsi con i suoi amici anche in automobile: sarebbe quindi pure responsabile di condotta immorale in luogo aperto al pubblico" [9].
Le indagini, sul finire del mese, subiscono una battuta d'arresto. Lo testimoniano le critiche vibranti della stampa[10] al lavoro della Questura[6] ritenuto troppo timido nell'assicurare le persone coinvolte nello scandalo alla Giustizia. Diversi commentatori chiedono l'immediata riapertura del caso anche per portare alla luce "la reale portata della attività della viziosa organizzazione"[4].
Le pressioni dei media hanno successo e il 27 aprile il comandante della polizia dei costumi di San Vitale a Roma, riapre il fascicolo sui ragazzi-squillo su ordine della Magistratura.
Ci si concentra sui clienti della "centrale del vizio". Il quotidiano comunista L'Unità, in particolare, immagina il coinvolgimento nello scandalo di personaggi in vista della Roma di "Via Veneto" e critica molto duramente il questore di Roma Carmelo Marzano: "un così alto funzionario dovrebbe dedicare almeno i ritagli del suo tempo anche all'angoscioso dramma di centinaia di ragazzi che si sono lasciati travolgere da una sporca organizzazione, nata e prolificata quasi sotto i suoi occhi. I responsabili di un così grave episodio di corruzione – lo ripetiamo – sono molti e stanno molto in alto: precisamente in quella "café society", in quell'ambiente della "dolce vita", che si ha tanta paura di disturbare, anche se è certo che là si annida la "Roma Corrotta" da tutti condannata"[11]. Nessun nome noto risulterà però coinvolto nello scandalo.
Il quotidiano comunista ipotizza anche l'ampliamento delle indagini a Napoli, dove la polizia "ha scoperto due case per soli uomini alla periferia della città" e un intervento dell'Interpol che "ha iniziato particolari ricerche nelle colonie di nudisti dei paesi di mezza Europa: è stato infatti accertato che le foto dei giovani corrotti venivano spedite in prevalenza in tali centri"[9].
Il 2 maggio la polizia di Bonn chiede l'estradizione di Konstantin Feile, "ricercato in Germania per gli stessi reati commessi in Italia"[7].
Il giorno seguente la polizia identifica e denuncia[7] Ottavio Casara, un impiegato di 42 anni. Casara, interrogato, dapprima nega, poi, riconosciuto da alcuni studenti coinvolti nello scandalo, ammette di aver partecipato alle "riunioni". Secondo le indagini l'uomo scattava fotografie e filmati delle orge con un'attrezzatura fornita da Feile.
Sempre all'inizio del mese di maggio, contestualmente alla denuncia per corruzione di minorenni di due venezuelani, Dernan Capriles e Arturo Pecchio, per il loro ruolo nel caso[12], il settimanale di destra "Meridiano d'Italia" pubblica alcune fotografie dei giovani squillo. "L'Unità" condanna duramente la pubblicazione: "Davanti ad un'immagine del genere (e non è la sola che il settimanale ha il coraggio di pubblicare) non si sa se è il disgusto o l'indignazione che predomina […] Ma tutti conosciamo dove i fascisti arrivano. E non c'è stupore ad ogni nuova conferma: semmai soltanto schifo'?"[13]. "L'Unità" si dice "indignata" soprattutto per la fuga di notizie dalla Questura: le fotografia sarebbero dovute rimanere segrete.
Il 27 maggio la stampa dà notizia del fatto che Feile, interrogato nel carcere di Regina Coeli, sarà sottoposto a perizia psichiatrica[14]. Intanto l'Interpol raccoglie un voluminoso dossier sui precedenti penali dell'uomo, già condannato in Germania (e, secondo "l'Unità", anche in Francia) per reati simili a quelli commessi in Italia.
Nel giugno 1960 lo scandalo entra nei palazzi della politica con un'interrogazione a risposta scritta, il 6 maggio, presenta alla Camera dei Deputati dal deputato comunista Claudio Cianca alla quale da risposta il futuro Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro[15] e un'interrogazione a risposta orale ai Ministri dell'Interno e della Pubblica Istruzione dei senatori del PCI Ambrogio Donini e Mario Mammuccari, che chiedono oltre ai motivi dell'inspiegabile lentezza delle indagini: "se a seguito dei recenti episodi di traviamento della gioventù, intendono intensificare, attuando un opportuno coordinamento, la vigilanza nei pressi degli istituti di istruzione, per prevenire i tentativi di corruzione e agevolare la indispensabile funzione educativa dei genitori"[6].
Il Sottosegretario di Stato Guido Bisori, della Democrazia Cristiana, risponde[16] nell'aula del Senato riprendendo le parole di Oscar Luigi Scalfaro, allora sottosegretario al Ministero dell'Interno: "dalle indagini non è risultato che nello scandalo siano implicate note personalità" e annuncia il potenziamento delle attività di polizia per "reprimere l'attività degli invertiti ai danni dei minori", "sottoponendo a continua vigilanza gli individui omosessuali":
« gli organi di polizia provvedano a individuare, e sottopongano a costante, oculata vigilanza, gli individui affetti da omosessualità, in modo da poter impedire, o prontamente stroncare, loro losche manovre intese ad adescare minori o a creare ricettacoli per oscene manifestazioni di invertiti. » |
Ancora: "agli stranieri di turpi costumi verrà ritirato il permesso di soggiorno in Italia".
Dall'interrogazione emerge un quadro, fin qui inedito, del controllo dell'omosessualità negli anni Cinquanta e Sessanta in Italia, un terreno poco esplorato dall'analisi storiografica:
« Già con circolare del 7 settembre 1952 Il Ministero dell'Interno invitò i competenti organi a prodigare ogni loro sforzo per evitare il dilagare di forme di perversione, offensive della pubblica moralità e generatrici spesso di crimini. Recentemente poi con circolare in data 4 febbraio di quest'anno, ha impartito - proprio in relazione all'attività svolta da pervertiti sessuali in danno di minori - ulteriori istruzioni, onde venga attuata ogni idonea misura tendente sia ad intensificare sia a meglio coordinare i servizi di vigilanza. |
Bisori difende anche la bontà del lavoro degli inquirenti spiegando che solo cinque genitori, degli oltre 100 ragazzi coinvolti nel caso, hanno sporto denuncia, e difende l'operato di un istituto religioso i cui alunni erano coinvolti nello scandalo, addossando agli stessi la responsabilità dei loro atti: "i fatti vadano piuttosto inquadrati in quel clima di dubbia moralità e a volte addirittura di pervertimento, per cui talvolta accade che, specie nelle grandi città, i giovani trovano colpevoli alleanze di fuori dell'opera onestamente spiegata dalla scuola e dalla famiglia".
La riposta all'interrogazione offre un quadro parzialmente diverso (e più attendibile) rispetto a quello esposto dalle cronache della stampa sullo scandalo e sulla figura di Feile, "denunciato in istato di arresto per violenza carnale in danno di un ragazzo di 13 anni e per corruzione di minorenni in danno di cinque". Risulta diversa l'età del giovane che aveva denunciato il caso, 13 anni e non 10, e ridimensionata, in parte, la portata del "circuito del vizio" operante a Roma, che non registrerebbe il coinvolgimento di personalità di spicco.
Il 22 ottobre 1960 si chiudono definitivamente le indagini con la richiesta del Pubblico Ministero, Mario Bruno, di incriminazione per Feile e di assoluzione per tutti gli altri imputati. Il giudice istruttore Pecchini, al contrario, decide di rinviare a giudizio per atti osceni 10 persone: Konstantin Feile, il canadese Bendoin Mills, i venezuelani Dernan Capriles e Arturo Pecchio, Giulio Correa, Valentino Castenaro, Ottavio Casara, Luigi Del Gaudio e due minorenni G.Z. e G.S.[17].
Feile nel corso del processo si dichiarerà innocente spiegando, tra l'altro, di essere "sposato in Germania": "ho due figli grandi e sono convinto di non aver commesso nessun reato nell'organizzare queste riunioni tra amici. Tanto più che in Italia non vi è una legge che preveda come reato i fatti che mi sono addebitati"[17].
Nel marzo 1961 l'uomo è condannato a 3 anni di reclusione[18]. Il processo di appello confermerà la condanna.
Nel corso del processo Feile ribadirà più volte la sua innocenza: "Sono innocente. A casa mia non si è parlato altro che di arte. Ho fatto delle sculture. Non ho mai pagato questi ragazzi"[2].
Gli scandali nello scandalo
Il 30 aprile piomba nelle redazioni la notizia del suicidio di un miliardario americano Everett Stuart Sholes.
L'agenzia stampa Reuters riporta:
« A wealthy American, Stuart Sholes Everett, who vanished overboard from the Italian liner Saturnia last weekend, has bequeathed his fortune to his Italian secretary- chauffeur, it was disclosed today. The United States consulate in Naples said the 46-year-old American left a note in his cabinet which said: "I am doing this myself. Everything I have goes to Calabrini". Mario Calabrini, the 22-year-old secretary-chauffeur he hired last summer, said he could not accept the dead man's estate — said by Italian newspapers to be as much as 50 million dollars. Calabrini said Everett's possessions now belong to his family and "I could only accept a gift from them". Everett was believed to have a brother and sister in Cleveland. Police said he had homes in Rome and Cuernavaca, Mexico. Italian newspapers said the American jumped overboard after a quarrel with his young employee[19]. » |
L'uomo, che si uccide gettandosi in mare a largo sulla nave di linea "Saturnia", che transitava tra Sardegna e Spagna, lascia al giovane autista Mario Calabrini una cospicua eredità.
Calabrini, braccato dalla stampa[20], dapprima dichiara di rinunciare all'eredità, poi dà mandato al legale per riscuoterla. La notizia del suicidio, pur non generando alcun intervento della magistratura[21], anche se nel corso dell'indagine sui ragazzi squillo saranno mostrate ai giovani fotografie dell'uomo per verificare il suo eventuale coinvolgimento nello scandalo.
La stampa connette comunque erroneamente e maliziosamente il suicidio allo scandalo dei ragazzi-squillo di Roma[7]. Per "L'Unità" "il folle gesto del miliardario sarebbe stato compiuto subito dopo l'arrivo a bordo dei giornali italiani che riportavano le notizie sulla scoperta del lurido traffico"[6].
Sempre "L'Unità" associa allo scandalo dei ragazzi squillo di Roma l'arresto[22], su richiesta della magistratura viennese del pittore austriaco trentacinquenne Julius Strauss, che deve scontare un anno di reclusione per atti di violenza commessi "ai danni di un giovinetto". Anche in questo caso la relazione tra le due indagini non sarà mai dimostrata. Allo stesso modo la stampa ipotizza erroneamente legami tra lo scandalo dei ragazzi squillo e quello dei Balletti verdi di Brescia[23].
Media e omosessualità
La cronaca dello scandalo raccolta dalla stampa dell'epoca non si limita a raccontare lo sviluppo delle indagini con un punto di vista neutro e distaccato, ma è farcita da pregiudizi negativi sia sullo scandalo, che sui personaggi coinvolti che sull'omosessualità in genere.
Le accuse che coinvolgono i protagonisti sono, in effetti, gravi e precise, ma dalle penne dei giornalisti e degli editorialisti dell'epoca emerge con forza il giudizio morale negativo sull'omosessualità diffuso nella popolazione e condiviso sia in ambito sociale che culturale nell'Italia degli anni Sessanta.
L'imputato principale è definito "corrotto tedesco", "corruttore di professione", "sporco individuo" o "tedesco dai turpi istinti”. I personaggi coinvolti sarebbero "turpi individui" mentre l'omosessualità è definita un "immorale desiderio".
L'atteggiamento d'indignazione rispetto all'omosessualità della stampa sul caso è esemplificato in un brano particolarmente violento de "l'Unità", che chiede maggiore solerzia nelle indagini e ne approfitta per criticare il questore Marzano:
« Il problema come sempre è politico prima di divenire sociale. È ancora una volta una minoranza corrotta che si oppone all'inizio di quell'opera di risanamento alla quale la città aspira e per la quale combatte ogni giorno una dura battaglia. Non si vuole, non si ha interesse ad affondare il bisturi nella piaga: il pus che ne uscirebbe fa paura[24]. » |
La "lettera chiusa" di Pasolini
La violenza del linguaggio della stampa dell’epoca nella descrizione dell'omosessualità non fugge a Pier Paolo Pasolini che, nel 1961, scrive una lettera aperta ai giornali di sinistra, rimasta però inedita fino al 1999. Pasolini scrive:
« ora davanti all'affare Feile, fascisti, democristiani e comunisti usano - pubblicamente - lo stesso linguaggio, gli stessi termini, lo stesso lessico, le stesse interiezioni, le stesse clausole oratorie... Vuol dire che i sentimenti dei fascisti, dei democristiani e dei comunisti davanti a un fatto come questo sono gli stessi, hanno la stessa reazione. Per esempio – continua Pasolini - la pretestualità che, negli articoli sul nostro fatto de «l'Unità», fa degli anormali scempio, oggetto addirittura - se non vado errato - degno di linciaggio, ha chiaramente un fondo politico: l'indignazione con cui viene giudicato questo particolare reato, viene centuplicata dall'implicita indignazione politica. Il provinciale articolista de «l'Unità» fa coincidere l'anormalità sessuale con il reddito: tanto più alto è il reddito tanto più probabile è l'anormalità. È per questo che l'articolista sollecita così violentemente la polizia a dare [offrirgli sul piatto] una «testa» o delle «teste»: perché si tratta, senza possibilità di dubbio, di teste di capitalisti. Nello stesso numero de «l'Unità» in cui si pubblicava fieramente questa coercizione alla polizia a fare il suo dovere, si dava la notizia di un altro fatto di cronaca, accaduto in Ciociaria, in cui un invertito ha ucciso il suo amico (pare, s'intende: ancora i giudici non si sono pronunciati: non si sa, per esempio, se si trattasse di legittima difesa o no; oppure di difesa da un ricatto, oppure di un caso di infermità ecc.): e allora? Non mi si verrà a dire che il bracciante invertito di Fondi fosse un capitalista, o un personaggio da Dolce vita"[25]. » |
Ancora lo scrittore denuncia,
« la furia libellistica e ipocrita scatenata dall'affare Feile stravolge completamente ogni realtà: dà colpa a un piccolo numero di invertiti del fatto che enormi masse di ragazzi (le fotografie del Feile sono, pare, circa tremila) si lascino corrompere. Mi sembra - stando ai fatti - che fosse molto facile, corromperli, questi presunti angeli della borghesia: e allora, la colpa non sarà da attribuire ai genitori, ai maestri, ai giornali, alla società? Se un adolescente compie un atto che tutti considerano così orrendo - e che per lui è tanto facile - lasciandosi convincere dal primo venuto per poche centinaia di lire, significa che questo «primo venuto» è l’ultimo dei colpevoli: o, semplicemente, il reagente che, messo in contatto con l'anima del ragazzo, mette in luce la sua reale, sostanziale, pacifica possibilità a essere corrotto[25]. » |
E conclude:
« perché le scrivo questa lettera aperta, caro direttore? Perché mi sembra che il primo esempio di umanità, di civiltà, di rispetto dovrebbe venire dai giornali di sinistra: se anch'essi usano un linguaggio di razzisti, se anch'essi rivelano paurosi vuoti irrazionali, allora a cosa serve la loro lotta? A cosa serve la loro disperata ricerca di una società dove domini la giustizia, ossia la ragione?[25]. » |
Note
- ↑ Pier Paolo Pasolini, A proposito di Feile, in "Pagine Corsare", Saggi sulla politica e sulla società, Mondadori, Milano 1999.
- ↑ 2,0 2,1 Anonimo, Erano «incontri artistici» i balletti verdi di Feile, in "L'Unità", 17 ottobre 1961, p. 4.
- ↑ 3,0 3,1 3,2 Anonimo, Un ignobile mercato si svolgeva nello studio dello scultore tedesco, in "L'Unità", 24 aprile 1960, p. 5.
- ↑ 4,0 4,1 4,2 Anonimo, L'inchiesta sui ragazzi squillo ripresa per ordine della Procura, in "L'Unità", 27 aprile 1960.
- ↑ 5,0 5,1 Anonimo, Presidi in questura per individuare gli studenti adescati dallo scultore, in "L'Unità", 25 aprile 1960, p. 2.
- ↑ 6,0 6,1 6,2 6,3 Anonimo, Dilaga lo scandalo dei "ragazzi squillo" ma per la polizia le indagini sono chiuse, in "L'Unità", 26 aprile 1960.
- ↑ 7,0 7,1 7,2 7,3 Anonimo, Denunciato anche il fotografo ufficiale dell'organizzazione dei "ragazzi squillo", in "L'Unità", 3 maggio 1960, p. 4.
- ↑ Anonimo, S'allarga lo scandalo dei giovinetti adescati, in “La Stampa”, 30 aprile 1960, p. 11.
- ↑ 9,0 9,1 Anonimo, Anche nella casa di un piazzista le riunioni dei «ragazzi squillo», in "L'Unità", 1 maggio 1960, p. 4.
- ↑ Anonimo, Chi frena l’inchiesta?, in "L'Unità", 28 aprile 1960, p. 4.
- ↑ Anonimo, I "ragazzi squillo": inchiesta proibita, in "L'Unità", 5 maggio 1960, p. 4.
- ↑ Anonimo, Accusati di corruzione due venezuelani travolti dallo scandalo degli squillo, in L’Unità, 8 maggio 1960, p. 4.
- ↑ Anonimo, Foto facili a San Vitale, in "L'Unità", 8 maggio 1960, p. 4.
- ↑ Anonimo, Perizia psichiatrica per lo scultore tedesco, in "L'Unità", 27 maggio 1960, p. 5.
- ↑ Qui il testo dell'interrogazione http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/433888.pdf
- ↑ Anonimo, Il Governo risponde al Senato sui ragazzi squillo di Roma, in "La Stampa", 22 giugno 1960, p. 5.
- ↑ 17,0 17,1 Anonimo, Dieci rinviati a giudizio per i balletti romani, in “La Stampa”, 23 ottobre 1960, p. 7.
- ↑ Anonimo, Tre anni allo scultore Feile organizzatore degli squillo, in "L'Unità", 7 marzo 1961, p. 5.
- ↑ Reuters, 29 aprile 1960, in "The Kansas City Times", 30 aprile 1960, p. 13.
- ↑ Anonimo, L'autista che erediterebbe trenta miliardi tace sulle amicizie dell'americano suicida, in "L'Unità", 29 aprile 1960, p. 4.
- ↑ Anonimo, Nessuna indagine sul suicidio del miliardario del "Saturnia", in "L'Unità", 28 aprile 1960, p. 4.
- ↑ Anonimo, Pittore austriaco arrestato per corruzione di giovinetti, in "L'Unità", 4 ottobre 1960, p.4.
- ↑ Clemente Azzini, Imminenti alcuni clamorosi arresti per i "balletti verdi" di Brescia?, in "L'Unità", 6 ottobre 1960, p. 5.
- ↑ Anonimo, Lo scandalo nello scandalo, in "L'Unità", 29 aprile 1960, p. 4.
- ↑ 25,0 25,1 25,2 Francesco Gnerre, Pasolini "corsaro" e "luterano", in "Babilonia", gennaio 2000.
Bibliografia
- Pierpaolo Pasolini, A proposito di Feile (1961, inedito, edito in: Saggi sulla politica e sulla società, Mondadori, Milano 1999).
- Erich Lifka, Die Homophilen in Italien / Gli omofili in Italia, "Amigo. Die internationale homophile zeitschrift", (Danimarca), n. 3, 1962.
- Massimo Consoli, Affetti speciali, Massari, Bolsena (Vt) 1999, pp. 65-66.
- Francesco Gnerre, Pier Paolo Pasolini e il panico dell'omosessualità, "Testo e senso", n. 8, 2007.
- Massimo Consoli, Primo scandalo antiomosessuale nell'Italia contemporanea, estratto da: Manifesto gay, Malatempora, Roma, 2005, pp. 19-20.
- Andrea Pini, Quando eravamo froci, Il saggiatore, Milano 2011, pp. 29-30.