Genere

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Voce scritta da Andrea Pizzocaro e Giovanni Dall'Orto.
I simboli maschile e femminile.

Concetto

Con la parola "genere" o "gender" nelle scienze sociali (sociologia, psicologia, sessuologia) e nel campo politico, specie femminista, si intende l'insieme di caratteristiche in base alle quali un individuo è identificato come maschio o femmina. A seconda dei contesti, queste caratteristiche possono comprendere il sesso biologico, comportamenti sociali imperniati sul sesso (compresi il ruolo di genere e altri tipi di ruoli sociali) e l'identità di genere.
La parola italiana "genere" deriva dalla parola latina genus, che indicava al tempo stesso il sesso biologico e quanto noi oggi definiamo "genere". Spesso è usata in italiano nella sua traduzione inglese, gender, dato che sono stati i teorici e soprattutto le teoriche femministe anglosassoni[1] ad imporre al resto del mondo l'uso di questo concetto[2].

Origini del concetto

La distinzione fra sesso biologico e ruolo di genere è antica, ad esempio è centrale negli studi antropologici di Margaret Mead (1901-1978), che già nel 1930 aveva messo in luce come società diverse si attendessero sì che maschi e femmine avessero comportamenti prefissati in base al sesso di appartenenza, ma che tali comportamenti attesi variavano di società in società[3]. Nei suoi studi la Mead distingueva fra "sesso" e "ruolo sessuale", intendendo già la stessa distinzione che oggi è indicata da "sesso" e "ruolo di genere".
Fu lo psicologo John Money a imporre, negli anni Cinquanta del secolo scorso, il termine gender nel linguaggio scientifico. A Money serviva un termine che riuscisse a risolvere il paradosso dell'ermafroditismo o dell'intersessualità, cioè l'esistenza di persone che dal punto di vista genitale non sono né maschi né femmine, ma che possono essere uomini e donne. Nel 1949, ad Harvard, partecipò a una conferenza tenuta dal prof. George Gardner in cui veniva presentato il caso di un soggetto intersessuale che possedeva un pene che assomigliava più a un clitoride ingrossato, e che da adolescente aveva sviluppato caratteri sessuali femminili secondari. Il soggetto però si identificava come un uomo. Quello che John Money ebbe davanti a suoi occhi fu una rivelazione, tanto da farlo interessare a questi "esperimenti della natura", come lui amava chiamarli.
Nel 1952 ottenne il dottorato di ricerca e iniziò a lavorare presso il John Hopkins Hospital di Baltimora come assistente del dottor Wilkins. Nel giugno 1955 pubblicò, insieme a Joan Hampson, Hermaphroditism, gender and precocity in hyperadrenocorticism: psychologic findings, il primo di una serie di documenti che formò il "protocollo di Baltimora" per il trattamento delle persone intersessuali. In questo documento venne coniato il termine gender role ("ruolo di genere) e furono proposte le prime linee-guida per il trattamento delle persone intersessuali.
Per Money il gender (termine preso in prestito dalla linguistica) non è il sinonimo né il contrario del termine sesso. Genere e sesso, come Money ribadì in più occasioni, sono due termini che non dovrebbero mai essere disgiunti, "sono due facce della stessa medaglia: se le due facce vengono divise, non è più una medaglia intera".
L'utilizzo di "genere"/"gender" in sociologia e in politica è ancora più recente, risalendo agli anni Settanta/Ottanta, quando il pensiero femminista fece propria la distinzione già proposta in precedenza da Money tra aspetto biologico della sessualità umana (definito "sesso" in senso proprio) e aspetto psicologico e sociale, in gran parte (alcune teorie affermano: "interamente") derivato dall'educazione e dalla mentalità.
In campo omosessuale il concetto è stato fatto proprio dall'insieme di teorie (come ad esempio la "teoria queer", che a partire da queste teorizzazioni femministe e soprattutto dal pensiero postmoderno, tendono a trattare il sesso vero e proprio come un sottoprodotto del genere, nel senso che il "sesso" sarebbe un concetto privo di un reale fondamento biologico, che in realtà deriva non dalla biologia ma dalla nostra percezione sociale dei generi. E' l'ideologia cosiddetta "binarista" ad averci convinto che i sessi siano solo due, laddove un esame spassionato dei dati biologici ci spinge a concludere che i sessi, tenendo conto degli stati intersessuali, sono almeno cinque[4].

« In un testo del 2004, La disfatta del genere, Butler utilizza il termine transgender per contestare il senso comune (...) secondo cui il genere è una conseguenza del sesso. Assumendo la prospettiva genealogica di Foucault, Butler opera un interessante rovesciamento di prospettiva e sostiene che sono le norme di genere a rendere culturalmente significative le differenze sessuali dei corpi, anche le differenze genitali: è il sesso che deriva dal genere, e non il genere dal sesso. Butler si spinge ancora oltre: fin da Scambi di genere (1989) ha sostenuto infatti che nell'ordine simbolico tradizionale il genere è un epifenomeno dell'orientamento sessuale. Al cuore del binarismo sessuale si troverebbe cioè il dogma dell'eterosessualità obbligatoria: sarebbe il dovere dell'eterosessualità a rendere culturalmente significativa le differenze tra i generi, e sarebbe poi l'importanza culturalmente attribuita alle differenze tra i generi a rendere culturalmente significative anche le differenze corporee tra i sessi[5]»

Viceversa, in campo tradizionalista il genere è ritenuto una cosa sola col sesso biologico, dato che, per volontà di Dio, i comportamenti e le preferenze di maschi e femmine sono scritte in modo immutabile nei loro cromosomi, fin dalla nascita. Coloro che negano questa verità, "scritta nel corpo", sono identificati come aderenti alla cosiddetta "teoria del gender" e dichiarati nemici dai gruppi clericali e genericamente di destra.

Usi attuali del concetto

Sesso e genere

Critiche al concetto

I concetti di "sesso e "genere" sono carichi di implicazioni ideologiche e politiche, come lo è del resto il concetto di "sessualità". La differenza biologica fra maschi e femmine è stata caricata di significati diversi da società diverse, molte delle quali hanno preteso (spesso utilizzando la religione) di stare solo interpretando una realtà autoevidente, "scritta nei corpi" stessi, nella "natura delle cose". In questo modo la mentalità prevalente riesce a sottrarsi alla messa in discussione perché discutere i ruoli di genere implica mettere in discussione Dio, o la natura, o la natura delle cose, o la società (e quindi, si conclude troppo spesso, merita punizioni adeguate). Se la biologia non è mai riuscita a trovare differenze biologiche fra maschi e femmine al di fuori del loro rispettivo ruolo nella riproduzione, le religioni e le ideologie hanno trovato infiniti significati nella differenza tra i sessi.
Da un lato sta così l'ideologia omofobica, che afferma che sesso biologico, ruolo di genere, orientamento sessuale, e identità di genere sono una cosa sola, determinata dai cromosomi, senza riguardo per la realtà dei fatti, nella quale questi quattro aspetti funzionano uno indipendentemente dall'altro. Dall'altro sta invece l'ideologia femminista/queer che afferma l'assoluta arbitrarietà della differenza fra i sessi nonostante l'omosessualità esemplifichi un chiaro caso di attrazione sessuale accesa (non sorprendentemente!) dal sesso biologico del/la partner, non dal suo genere.

Al di fuori dei casi per i quali è nata la distinzione (in sessuologia e sociologia e nei casi di transessuali e intersessuali) dal punto di vista pratico la distinzione finisce per richiedere una finezza di distinzione del tutto eccessiva nella vita di tutti i giorni. Di fatto, dopo pochi anni, i concetti di "sesso" e "genere" hanno finito per convergere e confondersi nuovamente, dando vita a innumerevoli situazioni in cui "genere" è usato per indicare il sesso biologico[6].

« La mia posizione critica nasce dal fatto che vedo i queer ed i cattolici integralisti come due facce della medesima medaglia. (...) Infatti laddove per i secondi tutto è sesso e tutto è biologico e tutto è ereditario e istintivo, per i primi tutto è genere, la biologia non esiste, e se non ci venisse insegnato che esiste il sesso, manco ci passerebbe per la testa che esiste. (...) Per entrambi l'errore è lo stesso: la parola "tutto", derivante da un delirio totalitario tipico di chi crede di possedere la Verità Rivelata, e che non tollera una realtà complessa in cui, chissà, dato biologico e dato sociale interagiscano incessantemente (...) nel configurare ciò che è l'essere umano.

Ricaschiamo per la millesima volta nello stucchevole dibattito natura vs cultura, nel quale i cattolici sposano la presunta natura (ossia, quello che loro affermano essere la natura), e i queer la presunta cultura (ossia, quello che loro affermano essere la cultura), e nel quale però entrambi sono assolutamente concordi sul fatto che solo uno dei due corni del problema può essere quello "vero".
Per "Sentinelle in piedi" e compagnia cantante tutto sta scritto nei geni: esiste a quanto pare un gene, evolutosi nelle caverne con lungimirante anticipo di centinaia di migliaia di anni, che fa preferire i pizzi rosa alle bambine e le macchine rombanti ai bambini. Per i queer nostrani (...), invece, tutto è "genere" e niente è "sesso" al punto che ci tocca leggere che un gatto nato con genitali difettosi e ambigui, sottoposto alla chirurgia plastica per correggerne la conformazione, ha "subito un intervento di riassegnazione di genere"[7].
Ma il "genere" non era un dato squisitamente culturale? Quindi gli animali possiedono una cultura (in senso antropologico)? Oppure qualcuno sta solo implicando che il "genere" si identifica con l'aspetto esteriore dei genitali? Quindi qui "genere", gira che ti rigira, è l'esatto sinonimo di "sesso"![8]»

Note

  1. La distinzione fra "genere" e sesso appare inoltre quasi naturale per i parlanti la lingua inglese per il fatto che questa lingua non attribuisce un "genere grammaticale" alle parole, a differenza dell'italiano, tanto che per distinguere fra i generi deve specificare "male" o "female" ("male nurse": "infermiere", "female nurse": "infermiera"), oppure usare parole completamente diverse come "tomcat" (gatto maschio) e "pussycat" (gatta). Al contrario nelle lingue neolatine ogni parola, incluse quelle che si riferiscono ad oggetti, ha un "genere" maschile o femminile. In latino e greco era previsto addirittura un terzo genere grammaticale, il neutro.
  2. L'origine del concetto è raccontata da Jennifer Germon in Gender: a genealogy of an idea, _____, ____ ____.
  3. Margaret Mead, Sesso e temperamento in tre società primitive, Il saggiatore, Milano 1967 e 2014 (titolo originale Sex and temperament, 1930).
  4. Anne Fausto-Sterling, The five sexes: why male and female are not enough, "The Sciences", March/April 1993, p. 20-24.
  5. Lorenzo Bernini, Maschio e femmina dio li creò!? Il binarismo sessuale visto dai suoi zoccoli (2), "Nazione indiana", 17 settembre 2008.
  6. Una conseguenza, non si sa quanto non volute, dell'uso di "genere" al posto di "sesso", è che parlando di sessualità "sesso" indica sempre di più unicamente il coito inteso come puro atto meccanico, e le discussioni relative alla sessualità prescindono sempre di più dal sesso. Un movimento di liberazione sessuale si è così ridotto, almeno nelle sue frange più ideologizzate, a non parlare più di sesso, se non per esecrarlo e attaccarlo come strumento di dominio, sopraffazione, dominazione, e controllo sociale. Trasformandosi così, senza neppure accorgersene, da un movimento di liberazione del' sesso a un movimento di liberazione dal' sesso.
  7. Alicema, Mittens, il gatto ermafrodita che subirà un intervento di riassegnazione del genere, "Gay.tv", 25-01-2015.
  8. Giovanni Dall'Orto, Sesso e gender, "La gaya scienza", 20.01.2014

Bibliografia

  • Judith Butler, Corpi che contano. I limiti discorsivi del "sesso", Feltrinelli, Milano 1996 (Bodies that matter: on the discursive limits of "sex", 1993).
  • Judith Butler, Scambi di genere. Identità, sesso e desiderio, Sansoni, 2004
  • Judith Butler, La disfatta del genere, Meltemi, Roma 2006, poi come: Fare e disfare il genere, Mimesis, Udine e Milano 2014. (Undoing gender, 2004).
  • Teresa de Lauretis, Sui generis: scritti di teoria femminista, Feltrinelli, Milano 1996, ISBN 8807101955, ISBN 9788807101953.
  • Teresa de Lauretis, Soggetti eccentrici, Feltrinelli, Milano 1999, ISBN 8807470268, ISBN 9788807470264.
  • Cristina Demaria, Teorie di genere. Femminismo, critica postcoloniale e semiotica, Bompiani, Milano 2003, ISBN 9788845254413, ISBN 8845254410.
  • S. Piccone Stella e Chiara Saraceno, Genere. La costruzione sociale del femminile e del maschile, Il Mulino, Bologna 1996.
  • S. Piccone Stella, Gli studi sulla mascolinità. Scoperte e problemi di un campo di ricerca, "Rassegna italiana di sociologia", XLI 2000 (1), gennaio-marzo, pp. 81-107.
  • Barbara Risman, "Il genere come struttura sociale: teoria e attivismo a confronto", in: Paolo Terenzi (cur.), Corpo e identità di gender, Franco Angeli, 2007.

Link esterni

Voci correlate