Delitto di Giarre (1980)

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Nel 1980 a Giarre, in Sicilia, vengono ritrovati i cadaveri di due giovan, Antonio Galatola e Giorgio Agatino Giammonai in un agrumeto “due fori di proiettile alla tempia”, “i corpi disfatti dalla putrefazione” [1] e un bigliettino nel quale confessavano di essersi uccisi perché la cittadina non tollerava il loro amore.

La cronaca

Il 17 ottobre 1980, Antonio Galatola e Giorgio Agatino Giammona, di 15 e 25 anni rispettivamente, risultavano scomparsi. A nulla erano valse le ricerche della polizia e una inserzione dei familiari su un giornale locale. Risale esattamente all’1 novembre dello stesso anno la scoperta dei due corpi in un agrumeto. I quotidiani ipotizzando immediatamente che si tratti di un doppio suicidio, ma poi la vicenda si fa intricata. Il 3 novembre un nipote di Antonio, Francesco Messina un dodicenne confessa di avere uccisi i due giovani su loro istigazione: “O ci spari tu o spariamo a te” gli avrebbero intimato. “Avevo deciso di obbedire – racconta Francesco in una lacunosa confessione ai carabinieri - per le minacce ricevute. Ho accostato la canna della pistola alla testa di Antonio e ho premuto il grilletto. Poi ho fatto la stessa cosa con Giorgio”[2]. Il 4 novembre la versione di Francesco cambia radicalmente: “Ai carabinieri – racconta - ho detto bugie. Perché loro mi minacciavano. Dicevano: se non parli arrestiamo tuo nonno”[3]. Per gli inquirenti il caso è chiuso: “E’ stato Francesco – è sicuro Antonio Assennato pretore che ha raccolto le confessioni del ragazzino – il quale inventato ha [sic!] 13 anni e non 12 e poi è anche bello grosso”[4].

Ma non ci vuole un pretore per capire che sono troppi i lati oscuri di questa vicenda. “Come si fa – si chiede Lorenzo Soria dell’Espresso – a ricevere due pallottole alla tempia e mantenere le mani dell’uno intrecciate a quelle dell’altro? E poi com’è che quella notte nessuno ha sentito gli spari?”. [4] E poi come mai durante le ricerche dei giovani, che si svolsero anche nell’agrumeto, i due corpi non erano stati scoperti? Come può un dodicenne impugnare una Bernardelli calibro 7,65? Come mai nessuno dei famigliari delle vittime ha riconosciuto la calligrafia sul bigliettino? Chi e cosa nascondeva Giarre? La cittadina siciliana, intanto, fa i conti con la presunta omosessualità dei due giovanissimi. Per molti i due ragazzi sono certamente omosessuali.

“Antonio e Giorgio, così dice la città <stavano insieme>” [5] accenna Vanna Barenghi di Repubblica e un amico di Giorgio confida a “L’Espresso  “Ma lo sa dove è cresciuto Giorgio? In collegio… e lì…”[6] mentre una mamma loquace aggiunge: “ [Giorgio] Era bello, sembrava un attore. Una volta però l’ho visto abbracciato con Toni” [7]. 

Un’altra donna ferma il cronista dell’“Espresso”: “Sai – gli confida - Toni andava con le donne. E Giorgio? Con gli uomini” ed alcune ragazze in sala giochi asseriscono: “Sì avevamo sentito che [Giorgio] era un “omosessuale”, ma non aveva “nessun atteggiamento particolare”.[9] Le famiglie si schierano veementemente per l’eterosessualità dei due. La sorella di Toni è categorica: “Toni omosessuale? Sono la sorella, me ne sarei accorta. E le pare che se lo fosse stato avrei portato i miei carusi [intende i figlioli, ndr.] in casa sua?” Il Padre di Giorgio aggiunge: “Donne? Oh, ne aveva, [mio figlio, intende, ndr.] era un bel ragazzo. Una lo andava a cercare perfino in un negozio. E poi adesso aveva una storiella con una ragazza di Napoli…” ma aggiunge in una dichiarazione a La Repubblica: “Giorgio era un buon ragazzo, un po’ ritardato, forse. E’ per questo che sia accompagnava ai ragazzi più giovani. Perché era un po’ infantile”. [10] Ritardato e infantile ma non omosessuale. Sospende il giudizio sull’omosessualità due il maestro della scuola elementare, Giuseppe Belfiore, che affida un tema ai ragazzi delle quinte dal titolo Un avvenimento luttuoso che in questi giorni ha colpito la tua città. Giuseppe Giudice, nove anni, esordisce: “Due giovani, di cui uno omosessuale, sono stati trovati morti… Il maestro glielo ha corretto, prima di “omosessuale” ha aggiunto “pare fosse””. [11]. Sull’omosessualità in genere Giarre sembra avere idee molto chiare e identiche a quelle di Antonio Assennato, il pretore: “Ci sono – chiosa - leggi di natura e non si può pretendere che sia naturale ciò che naturale non è. Come uno storpio… Insomma, che cosa si vuole, che si dia loro un premio? O che si facciano le cose che fanno loro per non farli sentire isolati? No, Giarre non li ha uccisi. Certo ore c’è da salvare il buon nome della città” [12]. L’arciprete di Giarre, Padre Raciti, sottolinea: “Ho detto che bisogna avere compassione e pietà per chi ha questo vizio, questa malattia” [13] e Padre Diego parroco di entrambi i giovani aggiunge “L’omosessualità? E’ anche di moda, vedono certi film e si fanno attirare. Ma è soprattutto una malattia. Pensi ci sono anche degli uomini sposati…” [14] mentre il Comitato di Pubblica Moralità di Giarre chiede al giornalista dell’“Espresso” di non “mettere troppo in rilievo gli uomini sessuali della Nostra Nazione […] ciò serve di incitamento e di conurbazione anche a coloro che non lo sono”… [15] Pare meno omofobo solo il sindaco della cittadina Nello Cantarella della DC: “Omosessuali ce n’è qui come altrove. Li incontro per la strada, mi salutano, li saluto” [16] Ma a tutti è chiaro come accenna un cittadino di Giarre che “un fatto di omosessualità qui in Sicilia è qualcosa di tremendo”. [17] L’unico dato certo di questa vicenda orribile è che Toni e Giorgio non ci sono più. Tra le mille ipotesi che si fecero sulla loro morte (omicidio di mafia, “doppio suicidi di uomini-sessuali”, e così via) la più probabile, a distanza di anni, sembra Francesco, dodicenne non imputabile, sia stato costretto ad addossarsi l’omicidio per coprire quel familiare che aveva lavato con il sangue il disonore di un omosessuale di famiglia. Ma nessuno si è preoccupato di cercare la Verità e il caso fu rapidamente dimenticato. I fatti di Giarre suscitarono sdegno in tutto il Paese e viva impressione negli omosessuali. I militanti del Fuori!, fronte ___, organizzò un contestato (“Il dibattito è stato disturbato continuamente, spesso addirittura interrotto. Risatine e sarcasmi conditi da qualche battuta all’impronta della volgarità” ricorda “Il Diario” [18]) incontro-dibattito intitolato Omosessuali: orgoglio e pregiudizio nel palazzo comunale di Giarre. “Si sono precipitati a Catania – dice un articolo dell’epoca – alcuni dei più autorevoli rappresentanti dei “diversi” politici italiani: Enzo Francone leader del movimento [intende il Fuori] in Piemonte […] Bruno di Donato, uno dei più accreditati esponenti romani, e Piero Montana, bagherese, quasi un antesignano del “manifesto” degli omosessuali”. [19] Tra coloro che intervennero, come attesta una fotografia, un giovanissimo Francesco Rutelli, allora radicale, molto impegnato negli anni ottanta nelle battaglie gay. Oggi pare essersene dimenticato. L’incontro del Fuori si svolse in un clima molto teso: “Fischi, brusii, risolini, C’è tutta la città fuori a vedere gli “uomini sessuali”, come li chiama qualcuno e molti hanno rinunciato ad andare al cinema Ambra che quella sera proiettava Clito, il petalo del sesso. C’è Giuseppe u’n Schichignu, lo chiamano così perché è superdotato ma, qualcuno confessa al giornalista dell’Espresso “ha molti amici: ma lui “fa la parte dell’uomo”, non quella della donna, e perciò non è marchiato come “uomo-sessuale”[20]. Venti giorni dopo l’evento, che fece discutere tutto il Paese, Giarre torna alla ‘normalità’: “Se chiedi di Giorgio e Toni […] la gente non si infastidisce neanche, come succedeva un paio di settimane fa. Si limita ad alzare le spalle quasi a dire “quelli morti sono, noi pensiamo a vivere””. [21] Cosa resta di Toni e Giorgio oggi? Solo qualche fotografia sgranata e fredde pagine di cronaca nera? No. Resta l’orgoglio delle loro mani intrecciate e la vergogna di chi o ha costretto i due giovani a scegliere la pace dell’aldilà o spezzato, violato, distrutto, irriso il loro amore. Quell’orgoglio lanciò una sfida… Felix Cossolo, che festeggia quest’anno trent’anni di militanza, diceva a tal proposito su Lotta Continua: “E’ necessario organizzarsi al più presto, l’isolamento, l’individualismo, l’indifferenza fanno il gioco del potere e della cultura sessuofobia dominante. E’ tempo di scelte radicali, le ferocie più coraggiose devono assumersi la loro responsabilità iniziano a creare collettivi gay in difesa e i proposta delle nostre lotte di liberazione. L’omosessuale del più piccolo paese sperduto del profondo sud, la frocia di campagna e di montagna, ma anche i gay di città, devono avere degli spazi, dei punti di riferimento, solo con l’aggregazione possiamo far fronte agli attacchi più duri, altrimenti la caccia alle streghe continuerà ancora per molto tempo. E’ ora di dire basta” [22] . Fu preso in parola e nel gennaio 1981 Marco Bisceglia, un sacerdote che aveva abbracciato la causa dell’omosessualità e che ricopriva una carica in Arci, si “precipitò a Palermo per fondarvi, nel gennaio 1981, con l’apporto di numerosi omosessuali siciliani, la prima in assoluto e storica associazione Arcigay in Italia […] nel giugno 1981, ancora a Palermo, si ebbe la prima festa nazionale gay ed un incontro tra Arcigay e i partiti con la presentazione di un programma e di una serie i richieste” [23] Arcigay incominciò a muovere i primi passi nel tentativo di a costruire un altro mondo. Il mondo in cui Giorgio e Toni avrebbero potuto, senza timori, tenersi per mano.

Approfondimento

[2] [3] [5] Vanna Barenghi, Ritratta il ragazzo di Giarre “Ho racontato solo Bugie”, in “La Repubblica”, 4 novembre 1980. p. 13. [6] Lorenzo Soria, Ricchione… cit., p. 51. [7] Lorenzo Soria, Ricchione… cit., p. 51. [8] Lorenzo Soria, Ricchione… cit., p. 51. [9] Lorenzo Soria, Ricchione… cit., p. 51. [10] Vanna Barenghi, Ritratta… cit., p. 13. [11] Lorenzo Soria, Ricchione… cit., p. 44. [12] Lorenzo Soria, Ricchione… cit., p. 50. [13] Lorenzo Soria, Ricchione… cit., p. 50. [14] Lorenzo Soria, Ricchione… cit., p. 50. [15] Lorenzo Soria, Ricchione… cit., p. 52. [16] Lorenzo Soria, Ricchione… cit., p. 50. [17] Vanna Barenghi, Ma il caso è veramente chiuso? Tante ombre sui morti di Giarre, in “La Repubblica”, 6 novembre 1980, p. 12. [18] Anna Maria Galvagna, C’era il carabiniere ma non il Sindaco, in “Il Diario”, 8 novembre 1980. [19] Sergio Buonadonna, S’infittisce il mistero sui gay uccisi a Giarre, in “Il Diario”, 5 novembre 1980. [20] Lorenzo Soria, Ricchione… cit., p. 42. [21] Nino Amante, “Quelli morti sono noi pensiamo a vivere”, in “Il Diario”, 21 novembre 1980. [22] AA.VV., Giarre, in Lotta Continua, 14 novembre 1980, pp. 5-7. [23] Piero Montana, Sull’importanza della prima associazione politica degli omosessuali in Sicilia, il fuori! Di Palermo, in “A Chiazza”, dicembre 2001, p. 6.

Note

  1. Adriano Bavaglio, “O ci ammazzi o t’uccidiamo” dissero i due omosessuali al bambino killer, in “Corriere della Sera”, 3 novembre 1980.
  2. Adriano Bavaglio, “O ci ammazzi o t’uccidiamo” dissero i due omosessuali al bambino killer, in “Corriere della Sera”, 3 novembre 1980.
  3. Vanna Barenghi, Ritratta il ragazzo di Giarre “Ho racontato solo Bugie”, in “La Repubblica”, 4 novembre 1980, p. 13.
  4. Lorenzo Soria, Ricchione!, in “l’Espresso”, n. 48, 30 novembre 1980, p. 43.